Enigmi della laguna. Pellestrina, l’altra Venezia – di Silvana Galassi

All rights reserved©Silvana Galassi

DA VENEZIA IN BARCA FINO A PELLESTRINA

Pallestrina, Venezia

Pallestrina, Venezia

Le zone umide erano luoghi malsani dove l’uomo subiva gli effetti della malaria e della forza distruttrice delle acque.

Anche se è difficile pensare a Venezia come a un’area marginale, fu proprio la sua inospitalità a farne il rifugio dei Veneti dall’invasione degli Unni e fu la sua apertura verso il mare a facilitarne lo sviluppo fino alla nascita della Repubblica Veneta, che rappresentò per secoli una delle maggiori potenze europee.

Venezia, al di là della sua indiscutibile bellezza, affascina proprio per quel suo simboleggiare la vittoria della testardaggine umana contro le forze distruttrici della Natura. L’ecosistema lagunare è il risultato della secolare interazione tra forze naturali e azione dell’uomo per contrastare l’interramento provocato dai depositi fluviali e l’erosione dei fondali provocata dal mare. A partire dal XIV secolo sotto il governo della Serenissima, furono avviate le opere di deviazione dei fiumi Bacchiglione, Brenta, Piave e Sile nel tratto che sfociava in laguna. Anche il ramo del Po di Levante fu deviato più a sud. Nel 1744 furono costruiti gli argini di protezione delle isole di Pellestrina e del Lido, chiamate “murazzi”.

Queste due isole, che riparano la città di Venezia sono, a loro volta, le più esposte all’erosione del vento e all’azione delle mareggiate e non potrebbero sopravvivere senza queste dighe in pietra d’Istria che costeggiano tutto il litorale. Tuttavia, la storia insegna che ogni difesa è vulnerabile e anche i murazzi non fanno eccezione: cedettero miseramente quando si verificarono mareggiate di eccezionale violenza, di cui l’ultima, del novembre 1966, sommerse completamente Venezia.

Nell’articolo Venezia fino a quando? Giulio Obici, allora redattore di Paese Sera scriveva:

Pallestrina, Venezia

Pallestrina, Venezia

Pallestrina, Venezia

Pallestrina, Venezia

Le mura di Venezia, il 4 novembre, si sono aperte in una decina di punti per un totale di ottanta metri e per altri seicento si sono slabbrate o lesionate o incrinate. Agli abitanti del luogo parve giunta la fine del mondo: fin che il telefono funzionò, invocarono aiuto da Venezia, poi fuggirono in barca alla volta del Lido. Quando Venezia raggiunse le due borgate (Lido e Pellestrina) con una motozattera e alcuni vapori metà della popolazione era già scappata via. A sera mentre il mare continuava a sbriciolare le colossali mura, Pellestrina era pressoché deserta.

Trascurata dai turisti e bistrattata dai veneziani, Pellestrina, la più meridionale delle isole lagunari, è terra dimenticata, oggetto di attenzione solo per le opere di difesa. Dopo la mareggiata del ’66 i suoi murazzi sono stati rinforzati e sono stati costruiti pennelli frangiflutti perpendicolari ai murazzi che disegnano un pettine sulla linea di costa. Questa stretta lingua di terra, che si sviluppa per dieci chilometri, contiene alle sue estremità le più vistose opere del MOSE, l’ultima colossale opera di difesa della Serenissima dall’aggressione delle acque.

Eppure Pellestrina ha una storia antica; fu abitata stabilmente da una popolazione di pescatori, produttori di sale, vignaioli e orticultori fin dal IX secolo. Durante la Guerra di Chioggia combattuta contro i genovesi, rappresentò la linea di difesa più tenace e fu quasi completamente distrutta.

Ricostruita alla fine del XIV secolo, soprattutto per volontà del doge Andrea Contarini, fu governata dalle famiglie chioggiotte dei Vianello, Busetto, Scarpa e Zennaro, i cognomi che portano a tutt’oggi i suoi abitanti e che corrispondono i quattro sestieri dell’isola.

Pallestrina, Venezia

Pallestrina, Venezia

Se da Venezia vuoi visitare l’isola di Pellestrina puoi arrivare direttamente solo con un motoscafo privato. Altrimenti devi prendere un vaporetto pubblico che ti porta al Lido; qui ti aspetta un autobus che percorre tutto il Lido fino agli Alberoni e sale su un traghetto che approda all’estremità settentrionale dell’isola di Pellestrina. E’ un tragitto che dura più di un’ora ma non si corre il rischio di annoiarsi sia per lo spettacolo della laguna sia per il folclore locale. Raramente si incontrano turisti; autobus e traghetto sono i mezzi di trasporto della popolazione locale che ne approfitta per socializzare, ciaccolando in un dialetto che non appartiene né alle sdolcinate cadenze veneziane né a quelle un po’ strascicate dei chioggiotti.

La gente di quest’isola è un po’selvatica, non del tutto corrotta dal progresso e dal profitto dell’insperato guadagno derivato dal commercio della vongola filippina, parente esotica della nostra vongola verace.

Fino agli anni ’70 le famiglie erano povere e numerosissime. Chi non si occupava di pesca o della lavorazione dei peoci, pendolava su Venezia, impiegato nella navigazione o cameriere negli alberghi e nei ristoranti. Ora le peocere sono per lo più abbandonate perché chi se ne occupava è passato al più redditizio allevamento delle vongole. Il benessere si percepisce dall’aumento spropositato delle automobili, la cui utilità appare piuttosto dubbia nel contesto.

Pallestrina, Venezia

Pallestrina, Venezia

L’autobus percorre tutta l’isola fino all’imbarco del vaporetto per Chioggia, passando per San Pietro in Volta, Portosecco e Pellestrina, piccoli borghi raccolti intorno ai campanili con case colorate dai soffitti bassi che non hanno niente da invidiare a quelle per cui è famosa Burano. A tratti l’isola si stringe a tal punto da non permettere la presenza di case ma solo di piccoli orti e filari di canna palustre. Dalla strada non si vede mai il mare. Alle spiagge si accede salendo scale di pietra che portano in cima ai murazzi e li discendono fino ad affondare nelle dune di sabbia. Superati i filari di tamerici, la vista si apre su una lunga e profonda spiaggia selvaggia regolarmente interrotta dai denti del pettine, costruiti con le stesse pietre d’Istria dei murazzi, che si allungano verso il mare per un centinaio di metri. Non ci sono impianti balneari: i Veneziani li hanno costruiti al Lido e non consentono alcun insediamento turistico in quest’isola di cui apprezzano, invece, i tre famosi ristoranti di pesce; specialità locali: pasticcio e risotto.

La fora di questo lato di laguna è il tramonto. Pellestrina regala tramonti diversi per ogni stagione: rosa, azzurri, grigi, tono su tono, con sfumature che solo quest’acqua sa accogliere. A volte d’estate il cielo si  incendia specchiando nell’acqua rilessi dorati.

Dopo quest’orgia di colore piomba la quiete, abitata solo da gabbiani che sfiorano l’acqua con volo radente per andare a sistemarsi sulle briccole.

Quando scende il buio si accendono luci vibranti in direzione di Venezia, occhi di fuoco di un’immobile armata conficcata nel fango. All’orizzonte il profilo dei Monti Euganei e il fantasma delle ciminiere di Marghera.

Davanti alle case si cucina il pesce alla griglia e le comari commentano i fatti del giorno sedute davanti all’uscio o sul muretto che costeggia la riva.

Tra le barche ormeggiate qualche vecchio passa il tempo pescando con una rete a bilancia e tra una calata e l’altra si ripete:

“Magna e bevi che eà vita se un lampo”

Pallestrina, Venezia

Pallestrina, Venezia