Andrea Ferrari – Intervista di Lisa Rampilli

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Senza titolo@Andrea Ferrari

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Lisa Rampilli:Il disegno è una scrittura con una calligrafia molto speciale, tanto che i segni non sono mai convenzionali. Se per scrivere impieghiamo la A o la Z, su quella lettera ci troviamo tutti d’accordo. Mentre sul segno alfabetico del disegno dovremmo entrare nel mondo dell’Altro, del sorprendente, dello sconcertante. Da quale sogno hai attinto i tuoi ritratti?

Andrea Ferrari:Sono interpretazioni di alcuni stati d’animo che provo quando rimango affascinato da qualcosa o qualcuno.

Ho degli attimi in cui mi blocco e il tempo è come si fermasse mentre questa cosa o taluna persona cambia d’aspetto, si modifica in un tempo virtuale.

Mi ha sempre affascinato provare a immaginare gli oggetti come non sono in realtà, come anche modificare il finale di qualcosa che è appena accaduto rendendolo un poco più surreale e inconsueto.

I miei sogni possono essere delle storie che voglio illustrare o dei pensieri che ho in testa che invece di trascrivere disegno come se il tutto fosse un forte respiro.

Capita inizino proprio dal disegno stesso e si sviluppino strada facendo.

Non so se siano conseguenze di sogni che faccio la notte, perché il più delle volte non me li ricordo, ma certamente inconsciamente possono anche esserlo.

Come tutte le cose che assorbiamo col trascorrere dei giorni e poi, d’improvviso, sentiamo l’obbligo di fermarci e imprimere tutto questo groviglio di linee su di un pezzo di carta.

Piante@Andrea Ferrari

Piante@Andrea Ferrari

LR:Il tuo disegno è come un caleidoscopio sedotto dalla grazia dei suoi avvenimenti. C’è il vuoto che dà un’inquietudine, ma leggiadra e aerea, come se la mano fosse sorretta dal vento nel disegnare…

 

AF: In effetti il “Vuoto” si pone alla base del mio percorso e verrebbe da dire che sono un tipo un po’ inquietante.

Considero il vuoto come qualcosa di fondamentale perché penso che senza di esso mi sia impossibile modificare lo spazio. Vuoto e spazio sono tra loro correlati ed è un aspetto che trovo molto interessante, alla stregua di come un segno si possa sviluppare in modo diretto senza schizzi o troppe linee che ne fanno da contorno. Mi piace poter essere il più chiaro possibile.

Nel vuoto non c’è nulla, o meglio, considero il vuoto il nulla, poi arriva lo spazio che io posso delimitare a mio piacimento; lo posso creare e anche dargli una forma.

E’ come se avessi bisogno di creare qualcosa di tridimensionale, di geometrico e “presente”, stabile nel tempo, per poi svuotarlo della sua materia, al fine di far vedere che lo spazio si trova ovunque e cosi anche il tempo.

E quei vuoti, quei passaggi che si creano nella materia, non solo rappresentano un’apertura, ma una vera e propria finestra “spazio-temporale” che mette in comunicazione due o più contesti e istanti.

Tutto questo mi trasmette un certo sollievo, e forse è qui che si pone la leggiadria di cui si parla, perché poi il sollievo, viceversa, genera ancora leggiadria e cosi via.

Altrimenti ci sono delle linee che in alcuni punti si infittiscono sempre più; simboleggiano il mare ed assieme mi trasmettono un senso di libertà.

Nei miei disegni è facile trovare cassetti aperti o chiusi, dei volatili, tante scale che scendono e non si sa dove portino; si possono incontrare un cane “Bobo” e lo stesso “Ghisao” che indagano assieme questi posti un po’strani, rendendoli a loro volta umani e meno asettici.

Detto questo non saprei se la mia mano sia come sorretta dal vento mentre disegna, ma senza dubbio gli stimoli che ho provengono alle volte da persone che incontro, dagli sguardi, dalla bellezza che vedo in alcune persone e come detto di sopra da circostanze e accadimenti.

Questo è il motore scatenante, poi c’è assieme l’aspetto concettuale, che viene più tardi, nel quale mi piace affrontare l’ambiguità della forma che può essere un contenitore di altri spazi oppure un oggetto contenuto da uno spazio più grande che semplicemente in quel posto esiste.

D’altronde Martin Heiddeger in “L’arte e lo spazio” diceva: “Dovremmo imparare che le cose stesse sono i luoghi e non solo appartengono ad un luogo.”

Mi incuriosisce il tema della linea che diventa assoluta protagonista del disegno, tanto da interagire con lo stesso come fosse in una scena teatrale. E mi affascina molto quando essa si stacca celermente da una forma che sta delimitando per andare altrove, lasciandola aperta, incompiuta, ibrida.

In qualunque luogo essa sia diretta lascerà lo spazio percorso segnato e vincolato per sempre.

Gilles Delauze ne “L’immagine-movimento” la metteva in questi termini: “Se si considerano i tre livelli, la determinazione dei sistemi chiusi, quella del movimento che si stabilisce tra le parti del sistema, quella del tutto cambiante che si esprime nel movimento, vi è una tale circolazione tra i diversi livelli che ognuno può contenere o prefigurare gli altri.”

 

La manifestazione pacata di Cupido contro il disboscamento,(Dal libro Bobo e Ghisao)@Andrea Ferrari

La manifestazione pacata di Cupido contro il disboscamento,(Dal libro Bobo e Ghisao)@Andrea Ferrari

LR: Come se la passa Ghisao?

A F: Ghisao credo se la passi bene perché nel momento in cui esiste, riesce a vedere le cose in modo genuino e libero e rielabora ciò che vede in modo… a suo modo.

Accade si presenti dopo un’altalenante diatriba con il suo Alter Ego. Prendere posizione spesso in modo inaspettato, in momenti poco agevoli e opportuni può generare conflitto.

Tutti hanno una parte emotiva, creativa, lontana dalla visione razionale del mondo, ma non tutti ne fanno uso; magari perché troppo nascosta oppure per motivi di tempo, di opportunità, di abitudine a vedere le cose in un certo modo, di volontà.

Penso che questa parte irrazionale nasca, anche in alcuni artisti verosimilmente, come autodifesa da se stessi, dal mondo che li circonda o da entrambe le cose e poi si sviluppi liberamente.

Ghisao sta bene, è un visionario che cerca di guarire la sua parte nascosta, più vera, che tentenna e alle volte arranca.

Capita che si allontani dal suo Alter Ego tanto da fargli perdere l’aspetto tangibile delle cose reali; quelle che devono essere assolutamente governate.

Quando invece viene allontanato, alle volte passa molto tempo prima che si ripresenti e una volta bussato alla porta, non aspetta quasi mai che gli si apra, perché è già entrato, ti guarda, ti persuade un po’ e ti porta via con sé, da qualche parte.

A entrambi piace la musica, il teatro e il cinema; la salvaguardia dell’ambiente, l’architettura e il design.

   Nuove ArtiTerapie@Andrea Ferrari

Nuove ArtiTerapie@Andrea Ferrari

Dal libro Silvio's Glam Democracy@Andrea Ferrari

Dal libro Silvio’s Glam Democracy@Andrea Ferrari

Lezione di linee@Andrea Ferrari

Lezione di linee@Andrea Ferrari