Mira Brtka/ Nestebline ravnoteže (1962-2012) – di Francesco Saba Sardi

MIRA BRTKA 1962-2012

MIRA BRTKA 1962-2012

MIRA BRTKA 1962-2012

MIRA BRTKA 1962-2012

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MIRA BRTKA
 
 

INTERVISTA

Saba Sardi – Sono stato straordinariamente colpito dalle immagini delle opere che ho visto sul tuo sito Internet. In primissimo luogo sono stato colpito dall’immagine delle tue istallazioni che chiamerei segni-fulmine. Segni-lampo–materia-colore, prodigiosamente sospesi nel vuoto, o attraversati dal vuoto. Di non minore interesse sono le tue invenzioni filiformi, comprese le immagini che provvisoriamente chiamerei “antropomorfiche” – diciamo così, ma correggimi tu nella loro definizione.

Mira Brtka– Ti sono grata per aver iniziato un dialogo affidandoti solo ad una visione delle mie opere riprodotte in internet. Una disponibilità e una apertura di pensiero che mi aiutano, e forse mi costringeranno, a rivedere brevemente le vicende che hanno formato la mia posizione in arte. Intanto, alle tue altrettanto fulminanti e lampeggianti valutazioni sul mio attuale lavoro, vorrei solo aggiungere le recenti parole di un critico per il quale le mie linee bianche degli anni sessanta non sono per niente uguali alle linee bianche di oggi. Se solo metto insieme queste considerazioni, avrei già abbastanza materiale su cui riflettere per i prossimi anni.

MIRA BRTKA

Saba Sardi – Un altro aspetto di questa mia breve intervista riguarda la tua nascita come artista, dalla quale credo non vada distinta la tua amicizia con Nobuya Abe, che è stato anche un mio amico e che di lui conosco una delle sue opere in cui l’occidente incontrava lo zen. Lui attraversava la cultura occidentale con un tratto nipponico inconfondibile. Uno scambio di visione che ha dato vita a opere di grande valore.

Mira Brtka – Ho piacere di risentire il nome di Nobuya Abe a tanti anni di distanza e sapere che non è stato dimenticato da chi lo ha conosciuto. Naturalmente Abe è al centro, e forse addirittura all’origine, della mia storia artistica. Era arrivato tra di noi agli inizi degli anni sessanta, quasi per caso, con un bigliettino in mano con sopra scritto il mio indirizzo di Roma, datogli da amici comuni di Belgrado. Per Marcia Hafif, Paolo Patelli, Aldo Schmid, Ines Fedrizzi, Milena Cubrakovic, Hardu Keck, Peter Chinni, Gencay Kasapci, Michelangelo Conte, e per me, Abe divenne presto un maestro e un amico.
Nei nostri incontri con Abe, a casa sua o alle inaugurazioni delle mostre, si imbastivano discussioni con critici e studiosi dell`arte che davano a tutti noi il coraggio di iniziare ogni volta da capo. Ricordo ancora Carlo Argan, Nello Ponente, Gerardo Dasi, Enrico Crispolti, Filiberto Menna, Giuseppe Gatt. Da parte sua Abe era solito ripetere che tutti noi eravamo infettati da batteri che circolavano nell’aria: bisognava rivoluzionare il mondo, migliorarlo, almeno.

Saba Sardi– A tale proposito mi chiedo e ti chiedo se anche tu sei approdata a un atteggiamento che ben può definirsi zen, intendendo con il termine zen la messa in mora della razionalità, del logos. Una sintesi dello zen può essere individuata nel tiro con l’arco, l’uso della spada, i quali non debbono fungere da intermediari: strumenti intesi a raggiungere un bersaglio. Tutta l’arte intesa come poiesis è zen, è immediatezza, è rivelazione, è luce.

NOBUYA ABE

Mira Brtka – Al Convegno di Verucchio del 1964, Abe dichiarava che l’orizzonte del futuro dell`arte non era per nulla sereno, e che mentre le polemiche si susseguono alle polemiche e le tendenze si accavallano alle tendenze, la scienza intanto meccanizza ogni tipo di attività umana. Tuttavia credo che Abe avesse un equilibrio, direi, tra l`emozione e la razionalità. L’occidente e l’oriente insieme, non solo l’uno e non solo l’altro.
Dopo l’esperienza informale e materica, le opere di alcuni di noi stavano prendendo un carattere, diciamo, costruttivo. C’era la ricerca di un ordine, di una immagine, di forme emblematiche, fortemente suggestive. Era un nuovo aspetto particolarmente interessante non solo per la poetica, ma perché ci sembrava in antitesi alla crisi permanente, determinata, anche in arte, dal consumo veloce che subiva ogni altro tipo di produzione materiale. Si lavorava in questa direzione per dare sollievo al valore durevole e concreto dell’immaginazione e dell’espressione. Con Abe tutti noi condividevamo l’idea che bisognava tornare ad essere interessati con impegno alla persona umana e contrastare ogni sottrazione del sentimento di fraternità.
In questa ricerca di una giusta posizione tra il rigore linguistico e l’umanesimo, consisteva il suo insegnamento zen. L’immobilità in un punto di equilibrio dinamico era solo concentrazione per centrare il bersaglio. Raccoglimento di forze materiali e spirituali per sferrare infine il colpo da mandare a segno con qualunque mezzo si avesse a portata di mano.
Osserva, però, che il nome scelto da Abe per il nostro gruppo, Illuminazioni, conferma quello che dicevo, ossia che perseguiva un punto di contatto della sua componente zen con l’occidente. Difatti il nome del gruppo è ovviamente ricavato dalla raccolta di poemi in prosa “Illuminations”, iniziati da Arthur Rimbaud subito dopo la sua partecipazione alla Comune di Parigi del 1871.
Non so se questo risponde o soddisfa la tua domanda, ma la luce rivelatrice nell’immediatezza non proveniva solamente da una trascendenza asettica e completamente astorica.

Saba Sardi – Quale è stato il tuo rapporto con Nobuya Abe nel gruppo Illumination e per quanto tempo hai proseguito la collaborazione con lui? Alla luce dell’esperienza di oggi come leggi lo scambio artistico di allora?

Mira Brtka – Di me si diceva che ero un essere con tre patrie: la Yugoslavia, dove sono nata, la Slovakia, da dove provengono i miei antenati, e l’Italia, dove stavo crescendo come artista. Ma io qui, in Italia, aggiungerei che c’era anche il Giappone di Abe.
Spesso facevo da interprete nei vari incontri di Abe con persone di rilievo nel campo dell’arte di quel periodo. La mia conoscenza di diverse lingue straniere mi ha offerto l’opportunità e l’occasione di incontrare artisti come Fontana, Capogrossi, Dorazio e altri per preparare mostre di artisti italiani in Giappone.
Considera che oltre alle occasioni strettamente artistiche, il fatto di essere amica di sua moglie, Toshiko, mi portava ad avere con Abe contatti molto frequenti, e in ogni situazione della quotidianità più spicciola.
Dopo la morte improvvisa di Abe, nel 1971, Toshiko mi ha consegnato articoli, lettere e una svariata documentazione del marito, convinta che sarei stata in grado di far luce, almeno in parte, riguardo le idee e l`attivita di Abe nel suo periodo romano.
Il tempo sembra stia arrivando. Anche se con molto ritardo qualcosa di immediato e concreto in questo riguardo sono riuscita già a realizzarlo nella la mia Fondazione, che inoltre sta preparando varie mostre del gruppo “Illuminazioni” in Germania e Italia.
Si chiaro che non si tratta di disseppellire una memoria per ravvivare un ricordo personale; piuttosto voglio mantenere viva una possibilità in più per l’arte.

Saba Sardi – Un altro aspetto di grande interesse riguarda la tua produzione artistica e intellettuale dopo il periodo Illumination in Italia, Vorresti raccontare qualche cosa a tale proposito?

Mira Brtka – Con tutta sicurezza oggi posso dire che in quel periodo romano di assidua frequenza con Nobuya Abe si è andato formando il nucleo della mia attività artistica, che non mi ha mai abbandonata neanche adesso, dopo mezzo secolo.
Molto del mio attuale lavoro è stato esposto nel novembre di questo anno al Museo d’arte moderna di Novi Sad in una ampia retrospettiva che aveva il titolo di “Equilibri instabili”. E forse proprio con questa definizione mi sono avvicinata di nuovo all’idea di Abe, di trovare un giusto equilibrio tra i sensi e la mente, tra l’anima e il corpo , tra il colore e la forma. E naturalmente tra le tante forme ci sono anche quelle che tu hai definito “antropomorfiche”, ossia umane.

Saba Sardi – La tua produzione artistica attuale mi ha molto incuriosito e mi farebbe piacere saperne di più al di là di questi pochi elementi schematici che ho sopra elencato.

Mira Brtka – Un punto. Poi la linea, la superficie, il bianco. Colore non-colore. Semplicità, chiarezza. La trasparenza nella scultura… Ho sempre in mente tutto questo prima di iniziare un nuovo lavoro.
Abe diceva che essere coscienti è una strana cosa; ma il fatto che l’uomo abbia la coscienza significa che egli ha vissuto la situazione del suo tempo.
Forse la diversità tra le mie line bianche degli anni sessanta e quelle di oggi, è appunto dovuta semplicemente alla consapevolezza di vivere e consumare il proprio tempo.

Saba Sardi – Ti ringrazio infinitamente per l’attenzione. Un caro saluto.

Francesco Saba Sardi
©Mira Brtka
©Archivio Francesco Saba Sardi