Il futuro è altrove- di Silvana Galassi


Mentre l’Europa sta invecchiando dimostrandosi incapace di inventare un progetto comune, gli Stati Uniti, stretti nella stessa crisi economica, sembrano risorgere rivendicando quella perenne giovinezza che li aveva illusi di mettere le mani sul mondo intero.

Il fatto è che tutto l’Occidente è ormai segnato da un futuro incerto: la crisi non è soltanto finanziaria ma anche culturale e morale. Le ultime generazioni portano sulle spalle un fardello di debiti sociali e ambientali così pesante da impedire loro di andare incontro al proprio futuro. Intuiscono che la partita si gioca Altrove, in luoghi dove le tensioni sociali, religiose e politiche sono o potrebbero diventare ben presto così forti da mettere a rischio i faticosi equilibri che le grandi potenze avevano imposto al mondo. Al confronto, le nostre istanze suonano come un flebile lamento.

Il Ministro per la Cooperazione Internazionale Andrea Riccardi ha affermato pubblicamente che “la nuova frontiera dell’Italia oggi è più a sud del Mediterraneo: si spinge nel cuore del Sahel e nel Sahara, dove passano le rotte dei trafficanti di uomini e di armi”.

Alcune guerre sembrano lontane, oscurate dai media o liquidate come scontri tra clan tribali incapaci di dialogo. Ma al fondo c’è l’avidità dell’Occidente per risorse strategiche che le popolazioni locali non sono ancora in grado di sfruttare e che noi abbiamo esaurito o mai posseduto.

Il Grande Gigante Addormentato, come è stato definito il continente africano, rischia di risvegliarsi sventrato e prosciugato dai colonizzatori che non hanno mai smesso di vegliare sul suo sonno.

Eppure le sorti potrebbero ancora rovesciarsi come avvenne 30.000 anni fa.

Guido Barbujani in una recente conferenza sulle razze umane dal titolo “Siamo tutti africani” spiegava che i reiterati tentativi di difendere la “razza bianca” sono miseramente falliti perché le razze in realtà non hanno senso nel caso della specie umana. Esistevano due specie distinte 40.000 anni fa: i neandertaliani che abitavano in Europa e Homo sapiens originario dell’Africa. Convissero per 10.000 anni fino a che i primi si estinsero per ragioni che ancora ci sfuggono. L’uomo di Neandertal era in possesso di tecnologie litiche elevate e di un comportamento sociale altrettanto avanzato di quello dei sapiens. La “sapienza” non era la caratteristica di maggior rilievo della specie che ebbe la meglio. Forse, come dice Barbujani, i neandertaliani erano semplicemente più miti, troppo brave persone, insomma.

Sgombrato il campo dall’equivoco delle razze, possiamo dire che all’inizio del ‘900, circa un quarto della popolazione umana viveva in Europa ma alla fine del secolo scorso gli europei si erano ridotti a un ottavo. Le previsioni per il 2050 ci dicono che gli asiatici saranno quasi il 60%, seguiti dagli africani che dovrebbero raggiungere il 20% e dai sudamericani col 9%. Il continente nordamericano dovrebbe contenere un misero 4,4 % degli abitanti del Pianeta e l’Europa il 7%.

Giuliano Amato, in una trasmissione di Rai 3 dedicata alla Cina dal titolo “Il futuro ha gli occhi a mandorla?”, sosteneva che la forza di questa nazione-continente non è dovuta solo alla numerosità dei suoi abitanti e all’entità del suo potere economico ma alla sua antichissima civiltà che conferisce a questo popolo un indomito orgoglio patriottico, indipendentemente dal regime al quale è sottoposto. La Cina seppe risorgere culturalmente dal dominio dei mongoli fondando la dinastia Ming e reagire alle mire espansionistiche del Giappone con una strenua resistenza. Gli eventi che seguirono, alternando periodi di chiusura estrema ad altri di grande apertura verso l’Occidente, non strapparono mai a questo popolo le sue radici più profonde.

L’altra grande potenza asiatica, l’India, vanta anch’essa una cultura antichissima. Il premio Nobel Amartya Sen, nato in India e attualmente professore di economia e filosofia all’Università di Harward, sostiene che la cultura del suo Paese d’origine è una miscela complessa delle sue tradizioni storiche, condita da apporti del colonialismo e aperta all’Occidente.

Sarà la tigre o il dragone la potenza egemonica del futuro?

Il modo in cui Cina e India decideranno di regolare i loro rapporti reciproci e quelli con Indocina e Indonesia, associate nell’ASEAN (Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico) avrà riflessi molto importanti sulla geopolitica del mondo intero.

Probabilmente non ci resta altro da fare che guardare dalla finestra e scendere da quel piedestallo che ci siamo costruiti nei secoli ritenendoci gli unici “sapiens” destinati a dominare il Pianeta.