Tratti/Le diaspore della vita – di Pablo Montoya

Chiudo il libro. Abbandono il tavolo. Vado alla finestra. Il tuo esodo lo vedo dalla mia strada. Figure svaporate nella notte. In mattine opalescenti. In sere di crepuscoli vermigli. Figure che arrivano a Medellín vomitate dalla guerra. Le vedo con i loro sacchi e le loro valigie. Riverse sui marciapiedi. Appostate nei parchi. A invadere terreni per generare stentati sobborghi inquieti. Per ora sono sprovviste di parola. Come nella tua acquaforte. Ma si tratta di un mutismo temporaneo. L’esodo per loro è appena cominciato. E ci vorranno anni perché dall’abbandono sgorghi la parola. Prima o poi comunque sorgerà. Non come un fiore. Né come una sorgente. Né come un volo di colombe. Sarà un albero deforme. Con ramaglie frenetiche. E mostruose radici umide. Per ora arrivano a gruppi di tre. Di cinque. Di dieci. E lo fanno da anni. È vero che insieme formano una città delirante. E che la loro voce è quella dello schianto. Ma qui non ci sono ancora immagini per racchiuderli. Una come la tua, fatta di pochi tratti, può forse bastare per ora. Uno di essi crea l’orizzonte. Il mondo al di là. Sbiadito, come gli sfollati. Lì ci sono i graziati. Lì ci sono il mio libro, il mio tavolo, la mia finestra. Da lì io guardo la ferita crescere.

 

 

Cierro el libro. Dejo la mesa. Me asomo a la ventana. Tu éxodo lo veo en mi calle. Figuras difuminadas en la noche. En mañanas opalinas. En tardes de crepúsculos bermejos. Figuras que llegan a Medellín vomitadas por la guerra. Las veo con sus costales y maletas. Acodadas en los andenes. Transitando los parques. Invadiendo terrenos para construir agitados barrios deleznables. Por ahora están desprovistas de palabra. Como en tu aguafuerte. Pero este mutismo es temporal. El éxodo apenas comienza para ellas. Y se necesitarán años para que del abandono brote la palabra. En todo caso ella surgirá. Y no como una flor. Ni como una fuente. Ni como un vuelo de palomas. Será un árbol deforme. De ramajes frenéticos. De monstruosas raíces húmedas. Por ahora están llegando en grupos de a tres. De a cinco. De a diez. Y lo hacen desde hace años. Y es verdad que juntos forman una ciudad delirante. Y su voz es la del estallido. Pero aquí todavía no hay imágenes para abarcarlos. Una como la tuya, hecha de unos pocos trazos, tal vez sea suficiente por ahora. Uno de ellos crea el horizonte. Es el mundo de más allá. Desdibujado como los desplazados. En él están los salvados. En él está mi libro, mi mesa y mi ventana. Desde ellos yo miro cómo crece la herida.

© Pablo Montoya, traduzione di Ximena Rodriguez Bradford

Pablo Montoya è uno scrittore colombiano ancora sconosciuto al pubblico italiano. Fra le sue opere narrative segnaliamo Lejos de Roma (Alfaguara 2007), El beso de la noche (Panamericana 2010) e Adiós a los próceres (Random House-Mondadori 2010). Il suo racconto L’angelo nero è apparso di recente sulla rivista “Nuova prosa” (n. 56/57, 2011). Nel 2007 ha pubblicato Trazos, raccolta di prose poetiche ispirate ai capolavori dell’arte mondiale, di cui pubblichiamo qui alcuni estratti in anteprima.