Sempiterne signorine – di Mariangela Venezia

©Lisa Rampilli, Sempiterne signorine, disegno, 2013

©Lisa Rampilli, Sempiterne signorine, disegno, 2013

All rights reserved ©Mariangela Venezia
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Vieni vieni mia bambina, dammi presto la manina, di zibibbo dolce e rosa,

dai un bacino alla non sposa.

Nonna soffoco in questa crinolina,

zitta e sorridi alla signorina,

ma  nonna, è vecchia, ha la pelle di cartone

le signorine non son giovani e rosse d’emozione?

Forse signora la dovrei chiamare

sarebbe men bislacco doverla baciare

Zitta zitta non dirlo neanche

Pollonia è signorina dalle mani bianche

casta e integerrima maestra elementare

Signorina, signorina, la devi chiamare

Pollonia di cera, ritta come un fuso

orgogliosa di una virtù giammai in disuso

Fu bella, desiderata, più di un uomo la amò

di certo non mi sposo con uno col paltò.

E Dorotea sogghigna nei capelli argentati

rimasta sempre figlia gli anni non li ha contati

Lei è principessa di un castello ormai echeggiante

signorina Dorotea, di tutti l’aiutante

E ora che gli aiutati son tutti dipartiti

si trova Dorotea vacante di mariti

Ma suo fratello maggiore ha un figlio in aviazione

che accompagna la signorina ogni domenica alla funzione

Palmina e Pasquina signorine gemelle

di lunghi capelli le avvolgon mantelle

Giovinette due fratelli volevan sposare

ma per uno morto in guerra a entrambe sfumò l’altare

Né cruccio né disdetta per la coppia di sorelle

coltivano gardenie e scrivono novelle

Il fato le ha favorite, altro che sorti amare

nessun marito al mondo la avrebbe fatte separare

Illibate, immacolate, fiere e ferme nel candore,

infinita contentezza di non esser chiamate signore

indifferenti alla convenzione dei cedimenti voluttuari

sempiterne signorine, gigli centenari.