Chi ha nostalgia dei colori pastello? – di Mariangela Venezia

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Breve storia della differenza

I pappagalli Loricchetti della Nuova Guinea hanno la testa blu cobalto, l’aurora boreale in Islanda lancia in un cielo catrame arabeschi verde smeraldo, si colora di rosso mattone la terra africana e i pesci rilucono di argenti cangianti.

Eurania si guarda, vestita di azzurro cenere, i capelli giallo spento e il rossetto color neutro, guarda intorno a sé il tripudio di  maglioni verde salvia, cappotti grigio polvere, scarpe marrone chiaro e mantelle color malva.  Tutte le creature del pianeta brillano, risaltano, cangiano, ogni tinta sborda ed esagera, vestono di un verde brillante le felci nei boschi, raccontano di un nero perfetto gli uccelli e gli antri di pietre remote, il giallo del grano è un furto al raggio di sole, perché gli esseri umani si sono sbiaditi?

Eurania chiede a tutti se sanno qualcosa, dove sono finiti i colori sgargianti? Perché il giallo Napoli non lo indossa nessuno? La gente scuote la testa, non sa, non ricorda non vuole parlare, le dicono smettila Eurania di farti domande, il color crema è perfetto col tuo incarnato. Eurania sogna un abito blu egiziano e un cappello rosso d’alizarina, si perde tra i boschi con orecchini di tormalina rosa, li immagina addosso, si ammira nello specchio del fiume e canta agli gnomi e ai folletti il canto d’amore per le tinte perdute.

A un tratto una fata le si accosta all’orecchio, io solo so Eurania dove sono finiti i colori, è un segreto nascosto nel fondo del fiume, svelarlo sarebbe sacrilegio ma il tuo canto ha sciolto il mio ferreo riserbo, immergiti Eurania, andiamo là sotto, forse incontreremo chi custodisce l’arcano e il sogno del verde foresta.

Eurania si tuffa nel fiume gelato, e nuotando aggrappata ai baffi di un pesce gatto  arriva a un antro profondo, una luce fioca si intravede lontano, ha paura ma inizia ad avanzare, la fata svolazza nel buio. Ehilà, c’è nessuno? Riecheggia la voce di Eurania, finché nell’oscurità si apre un varco ed Eurania si ritrova immersa nell’arcobaleno. Intorno a lei, accatastati ovunque, fin sul soffitto, abiti di tutti i colori del mondo, tinte mai viste, sature e traboccanti di pigmenti, gonne, borsette, cappelli, fusciacche, mantelle, vestiti da sera fruscianti, scarpe e calzoni, camicie, Eurania non crede ai suoi occhi, si tuffa tra i cassetti, spalanca gli armadi, srotola stoffe mai viste, si abbiglia di capi di policromie inedite, affonda felice tra fiori quadri e pois.

Una voce la risveglia dal suo sogno cangiante, ehi ragazzina, così metti tutto in disordine, mi scombini le gradazioni, attenta, non calpestare quella stola giallo di cadmio, togliti subito quel foulard petrolio!

E tu chi sei? chiede Eurania stordita da tutto quel colore, rivolgendosi al minuscolo luccio argentato che le aveva appena parlato, e come fai a possedere tutti questi vestiti multicolore? È tanto tempo che ne cerco uno ma nessuno sapeva dirmi dov’erano finiti,  li hai rubati tutti  e noi ora siamo costretti a vestirci solo di quegli assurdi colori pastello!

Ehi calma, io sono Duccio il luccio e non ho rubato niente a nessuno, anzi, è grazie a me che tutto questo non è andato bruciato dalla perfida strega Mezzacavallo alla cui ira li ho sottratti per miracolo e li ho portati fin quaggiù, sul fondale del fiume.

La strega Mezzacavallo, e chi è? Si incuriosisce Eurania.

È una strega cattivissima, sopra cavallo e sotto donna, ha la criniera di paglia e le gambe  pesanti, per braccia ha le zampe di un’enorme giumenta, ingioiellate fino ai gomiti,  e le gambe di una donna massiccia e sgraziata, odora di stalla e di biada. Mostruosa d’aspetto e cattiva d’animo odia tutti i vestiti colorati che gli esseri umani possono indossare mentre lei non può, odia la varietà del mondo e le sue infinite possibilità. Aiutata dai suoi fedeli sgherri, Stridulino e Grigiotopo nottetempo ha rubato da tutte le case li abiti colorati, minacciando di appiccare incendi e scatenare carestie se solo qualcuno avesse osato abbigliarsi ancora in quel modo. Gli unici colori permessi sono quelli sbiaditi, senza vigore e desaturati, quelli che non fanno spiccare nessuno, che omologano tutti all’estetica triste che lei vuole imporre.

Ma perché nessuno si è mai ribellato a questa orrenda Mezzacavallo?

Eh cara Eurania, perché Mezzacavallo ha preso in ostaggio l’arcobaleno.

L’arcobaleno? Eurania non ne aveva mai sentito parlare.

È’ il pantonario dell’universo. Ispira, nell’aria, le gocce d’acqua e le ali degli insetti, è l’arco che accorda i toni del pianeta, li permea di intenso, li cola di tinte impertinenti, disturba le cromìe senza ardore, memento del variopinto gioco del mondo.

Eurania e Duccio il luccio decidono di liberare l’arcobaleno dall’oscura prigionia della strega. Mezzacavallo esce solo quando piove perché tutto è grigio e senza colore e avendo rapito l’arcobaleno nessuna tinta forte può disturbare le sue passeggiate. Quindi approfittando di un giorno nebbia e sottile pioggia incolore Eurania e Duccio si intrufolano nella caverna della strega. Quando Eurania vede l’arcobaleno non crede ai suoi occhi: l’indaco le serpeggia nell’iride,  i capelli si inondano del giallo del grano e  il verde trifoglio si spande nell’aria colorando le squame di Duccio. Ecco cosa sono i colori, ma come abbiamo fatto finora? Come abbiamo potuto vivere nel bianco magnolia e nel carta da zucchero? Eurania e Duccio liberano l’arcobaleno dalle catene a cui Mezzacavallo l’aveva legato, lasciandolo guizzare in cielo a spandere colori dappertutto.

Le gente accorre incredula, i vecchi ricordano un sogno lontano, i bambini si stupiscono davanti a quell’indaco e saltano felici, lo vogliono toccare.

Tutti sanno che ora Mezzacavallo non ha più armi per minacciarli e la inseguono, la acchiappano, la legano per le gambe flaccide e tirandola per la criniera stopposa la gettano nel fondo del fiume, saldamente legata a una pietra pesante.

La strega urla invano tremenda vendetta, intanto Duccio il luccio riporta in superficie i vestiti e tutti scelgono i colori che più amano, combinandoli negli abbinamenti più assurdi e fantasiosi. Il sindaco si ammanta di una redingote amaranto, il vecchio pescatore sceglie stivali arancioni, la maestra indossa un cappello fedora indaco di Persia sui cui appunta un’orchidea striata di blu pavone.

Eurania vestita di violetto di cobalto, i capelli rosso pompeiano, si inarca l’arco nell’inchino dopo il baleno.