Rocco di Montpellier- segni e immagini della devozione popolare – di Maria Cristina Buttelli

Tratto dalla Mostra a cura di Giovanni Asioli Martini, Rocco di Montpellier, Tu eris in peste patronus;
Testi a cura di  Maria Cristina Buttelli;
Tutti i diritti riservati©Giovanni Asioli Martini e Maria Cristina Buttelli;
Tutti i diritti riservati©CLAI, Imola, 2008

“Il discorso cadde così sui santuari e sui santi, e sul San Rocco di Tolve, un Santo di cui io stesso ho potuto conoscere, per prove e favori personali, la particolare virtù. Tolve è un villaggio vicino a Potenza, e c’era stato in quei giorni un pellegrinaggio, come tutti gli anni, al principio di agosto. Uomini, donne e bambini vi concorrono da tutte le province circostanti, a piedi, o sugli asini camminando il giorno e la notte, san Rocco li aspetta, librato nell’aria, sopra la Chiesa. “Tolve è mia, e io la proteggo” dice San Rocco nella stampa popolare che lo rappresenta, vestito di marrone con la sua aureola d’oro, nel cielo azzurro del paese.”

(Carlo Levi, “Cristo si è fermato a Eboli”)

STORICITÀ DI SAN ROCCO

È difficile presentare oggi la vita di un santo, in particolare modo quella di un personaggio così controverso come Rocco di Montpellier. Popolarissimo per molti secoli e tuttora molto venerato, la sua breve esistenza terrena è avvolta nel mistero. La sua biografia è delineata da pochi tratti: di lui possiamo solo dire che era un uomo ricco, che ha lasciato tutti i suoi averi ai poveri per farsi pellegrino, che ha soccorso i malati di peste, ne ha guariti molti per miracolose capacità taumaturgiche ed è poi morto giovane, dopo un’ingiusta prigionia.

San Rocco

San Rocco

Sarà quindi necessario indagare gli aspetti più propriamente biografici, per delineare la figura di san Rocco dal punto di vista storico. Le fonti più antiche a disposizione, gli Acta breviora, risalgono al 1420-1430, sono stati composti in latino, quasi certamente in Lombardia, da un autore anonimo e furono fedelmente tradotti in francese, nel 1494. Poiché tale testo si dilunga molto sui fatti di Piacenza ed è invece molto scarno – e poco preciso – su tutto ciò che attiene a Montpellier, da qualcuno è stato attribuito a Gottardo Pallastrelli, il grande amico del santo di cui parleremo a suo tempo. La Vita Sancti Rochi, anch’essa in latino, è del giurista veneziano Francesco Diedo, governatore di Brescia, ed è stata composta, anche sulla base di tradizioni orali, nel 1478 e pubblicata nel 1483-1484.

Dagli archivi di Montpellier del periodo medievale risulta che i nomi “Roch”, “Roc”, “Roca” o “Roqua” erano frequenti in tutti gli strati sociali, ma già prima del Trecento “Rocco” compare come nome proprio nell’onomastica tradizionale.

Secondo alcuni studiosi – il più autorevole Augustin Fliche, storico francese e biografo del Santo – “Rocco” sarebbe la trasformazione del cognome di una nobile famiglia della Linguadoca, i “Rog” o “Rotch”, molto influenti tra il Duecento e il Trecento, di cui vari membri avrebbero ricoperto cariche cittadine di alto livello a Montpellier.

Inoltre era in uso presso molte famiglie nobili designare il primogenito solo con il cognome e questo fatto può aver generato confusione. Per alcuni linguisti più recenti, Rocco è un onomastico di origine germanica con radice onomatopeica hroc, che imita il grido del corvo, uccello sacro presso i Goti, nome importato in Francia al tempo delle invasioni barbariche.

Va anche ricordato che nel tardo Medioevo spesso il nomen, sotto il profilo etimologico, si rendeva capace di creare la religio, vale a dire la devozione, come riporta a A. Niero nella sua ricerca sul Santo.

Tuttavia, se i nobili natali di san Rocco sono fuori discussione, l’incertezza ritorna sulla loro esatta definizione. Alcuni storici indicano l’appartenenza alla famiglia De La Croix, diventata di rango nel XVI secolo come De Castries e aggiungono che la madre era lombarda venuta a Montpellier per il matrimonio. Secondo la tradizione, i genitori si chiamavano Jean (Giovanni) e Libère (Libera); e come ormai si è chiarito, la loro residenza era la città di Montpellier nella quale risulta che un Jean De La Croix abbia ricoperto molte importanti cariche consolari dal 1356 al 1360, per diventare nel 1363 il console maggiore della città. Rocco quindi nacque in una famiglia agiata, profondamente religiosa che educò secondo i principi del Vangelo il proprio figlio, nato dopo tanti anni di matrimonio, e grazie alle preghiere dei genitori rivolte in particolare alla Vergine Maria di Notre-Dame des Tables.

San Rocco

San Rocco

Montpellier si trova nella Linguadoca (Francia meridionale) e nel XIV sec. era una città fiorente dedita all’agricoltura e al commercio, ma era anche un centro ricco di scambi e rapporti culturali, per la continua presenza di stranieri, molti dei quali erano pellegrini che transitavano per la città, diretti a Santiago di Compostela. Solo la peste nera del 1348 interruppe un lungo periodo di prosperità.

Rocco crebbe quindi in una città stimolante che era già dotata di una grande Università particolarmente rinomata per la Medicina (1220) e il Diritto (1289). La datazione più attendibile fa risalire la nascita di Rocco tra il 1348 e il 1350 e la tradizione narra che il bambino avesse impressa sul petto una croce rossa – probabilmente un angioma – particolare che diverrà uno degli elementi iconografici presenti in molte raffigurazioni pittoriche e scultoree.

Rocco, adolescente, conobbe sicuramente il flagello della peste perché anche Montpellier fu ripetutamente colpita da epidemie tra il 1348 e il 1361; visse comunque l’atmosfera di forte spiritualità che nella sua città, come in tante altre parti d’Europa si respirava, suscitata dal determinante ruolo svolto dagli ordini religiosi dei Domenicani e dei Francescani. La tradizione vuole che il giovane sia stato allievo dei Domenicani e che abbia aderito, dopo il dolore per la perdita dei genitori, al Terz’Ordine francescano, cioè quello riservato ai laici.

San Rocco

San Rocco

“Rimasto solo, erede di ingenti ricchezze, di un nome illustre, di una posizione sociale distintissima, Rocco a tutto rinunciò. Vendette le sue sostanze distribuendone il ricavato ai poveri, si vestì del ruvido saio del pellegrino e decise d’intraprendere un pellegrinaggio di penitenza a Roma per venerare le tombe dei santi Apostoli e dei Martiri”.

Anche nell’abbigliamento il pellegrino infatti era riconoscibile: un cappello a larghe falde per proteggersi meglio dalla pioggia, un bastone – detto bordone – con una zucca appesa per portare acqua, un mantello (che se è corto sarà proprio chiamato ‘sanrocchino’) una o più conchiglie per attingere l’acqua, una bisaccia da portare a tracolla. Ed è con queste caratteristiche che pittori e scultori hanno rappresentato il Santo.

Terminate le crociate si sviluppò in tutt’Europa, per l’impegno degli ordini monastici e, in seguito, delle Confraternite, l’assistenza ai malati, ai pellegrini, ai viandanti con l’istituzione degli ‘Hospites’, luoghi di cura e di accoglienza, mettendo in pratica le indicazioni delle Opere di Misericordia. Quando Rocco decise di partire pellegrino, le vie d’Europa erano costellate di numerosi ospizi e ospedali posizionati lungo le strade che conducevano alle grandi mete della devozione cristiana: le principali erano la Francigena e la Romea che portavano a Santiago di Compostela e a Roma. Sarà proprio in alcuni luoghi attraversati nel suo cammino verso Roma che Rocco inizierà la sua opera di carità.

La ricostruzione dei suoi spostamenti non è facile: secondo Diedo, egli avrebbe seguito le antiche strade della Gallia Cisalpina, dell’Emilia e dell’Umbria. La prima tappa accertata in Italia è ad Acquapendente, nel Lazio, in provincia di Viterbo, dove Rocco arrivò verso la fine di luglio 1367 e vi restò 3 mesi mettendosi al servizio degli ammalati che numerosissimi affollavano l’ospedale a seguito di una epidemia di peste. Partì poi per Rimini e Cesena dove la malattia stava diffondendosi con grande virulenza, quindi esaurito anche qui il suo ruolo si diresse finalmente verso Roma fermandosi però ad Assisi per venerare la tomba di San Francesco.

San Rocco

San Rocco

La presenza di Rocco a Roma è databile nell’anno 1368 – come sostiene Augustin Fliche, in concomitanza del ritorno di Urbano V, nella sede romana (ottobre 1367), dopo la lunga permanenza del papato ad Avignone.

Rocco, anche a Roma si prodigò nell’assistenza ai malati, compiendo numerose guarigioni, dopo aver tracciato, come al solito, il segno della croce sulla fronte degli appestati e aver invocato la Santa Trinità. La sua fama si diffuse nella città e, secondo alcune fonti, un cardinale, molto vicino a Urbano V, ammalatosi di peste, volle incontrare Rocco e ottenuta la guarigione lo presentò al Papa. Dopo questo incontro, il ritorno di Urbano V ad Avignone per l’aggravarsi dei contrasti politici, e il placarsi dell’epidemia di peste, indussero Rocco a rientrare a Montpellier, di nuovo colpita dal morbo.

Durante il viaggio di ritorno, le fonti più antiche attestano la presenza di Rocco a Rimini, Ferrara, Novara e forse anche a Bologna per visitare la tomba di San Domenico. Tutto può essere plausibile, ma la sosta più documentata è a Piacenza (luglio 1371). Qui Rocco si recò all’ospedale di Nostra Signora di Betlemme per dare conforto e assistenza, ma lui stesso fu colpito dalla malattia; decise allora di allontanarsi dalla città.

Si trascinò fino a un bosco vicino, per isolarsi: considerando alcuni elementi, si può identificare la località precisa in Sarmato, a 17 chilometri da Piacenza. Rifugiatosi in una grotta, secondo la tradizione, gli apparve un angelo che gli disse: “La Vergine Maria e il suo divino Figlio ti hanno preso sotto la loro onnipotente protezione, non temere più: ti saranno vicino finché durerà la prova”, e proprio allora sgorgò un’abbondante sorgente d’acqua. Più realisticamente si può ipotizzare che Rocco sia riuscito ad avvicinarsi al fiume Trebbia, per dissetarsi e lavare la piaga. Trovato da un cane che gli si affeziona, Rocco per molto tempo riuscì a sfamarsi con i tozzi di pane che tutti i giorni la bestiola gli portava, finché un giorno il padrone del cane, incuriosito da tale comportamento, lo seguì e scoprì il rifugio del malato. Questo personaggio, di famiglia agiata e di nome Gottardo, che aveva lasciato Piacenza e si era recato in una sua residenza estiva per sfuggire al contagio, si interessò subito alle condizioni di Rocco e, nonostante i pressanti inviti perché stesse lontano dal pericolo, volle aiutarlo.

Gottardo da molto tempo è stato identificato con un nobile della famiglia Pallastrelli, che istruito da Rocco sulle Sacre Scritture seguì il suo esempio donando tutti i suoi beni ai poveri per dedicarsi agli altri. Rocco, guarito, riprese il cammino verso la Francia ma giunto a Voghera si trovò implicato nella precaria situazione politica del tempo,  nel bel mezzo di un pericoloso stato di guerra: guardato con sospetto per le sue miserevoli condizioni, venne arrestato come spia e gettato in carcere dove rimase per cinque anni vivendo questa condizione come “purgatorio”: egli volle restare fino alla fine un pellegrino povero e sconosciuto e per questo non rivelò né il proprio nome né le proprie origini.

San Rocco

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Quando sentì vicina la fine chiese di ricevere i sacramenti e solo dopo la sua morte (16 agosto 1376 o 1379) fu notata la croce sul suo petto; riconosciuto dal Governatore della città che probabilmente era fratello della madre, furono organizzati funerali solenni e venne sepolto in una splendida tomba attorno alla quale fu costruita una nuova chiesa perché, nel frattempo, si era diffusa in Italia la fama del Santo pellegrino e taumaturgo.

A conferma di questa versione circa la morte e la sepoltura di Rocco a Voghera esiste, nella raccolta degli “Statuti Civili e Criminali” approvati da Gian Galeazzo Visconti il 25 febbraio 1391, l’elenco delle festività, nel quale compare anche quella di San Rocco: ciò lascia supporre che le celebrazioni per la ricorrenza della sua morte fossero già consolidate dopo soli tre o sei anni dal decesso.

Secondo Augustin Fliche, Voghera avrebbe conservato le reliquie del Santo per almeno un secolo, cioè fino al trafugamento del 1485; “un furto, per altro, che non riguardò il corpo nella sua interezza, perché alcune ossa del braccio rimasero nella chiesa di Sant’Enrico, dimenticate dal ladro o lasciate volontariamente per una sorta di scrupolo.”La casuale scoperta avvenuta dieci anni dopo, nel 1494, viene descritta da M. Manni in modo particolareggiato: “nella chiesa di san Rocco si conserva una cassa in noce tarlata alle estremità. |…| Nell’interno vi si trovò un cartoncino sul quale è scritto a stampatello: ‘Hic iacuit corpus sancti Rochi’, e un foglio con le seguenti parole: questa è la cassetta che fu ritrovata nelle mura della chiesa di san Rocco quale era stata, di noce foderata di fustagno con due fortissime chiavi serrata, dentro la quale vi è stato il corpo di detto san Rocco et questo per scrittura del 1497”.

Le motivazioni del furto sacrilego, anche se sconcertanti per la nostra mentalità moderna, sono semplici: il desiderio di possedere le reliquie di un santo per godere della sua protezione, specialmente se si tratta di un personaggio prestigioso come san Rocco; occorre oltretutto considerare che di fronte alla peste ogni regola svaniva. Anche a Venezia l’epidemia aveva seminato morte e terrore, l’unica difesa era invocare l’aiuto di san Rocco e poiché i pellegrini

San Rocco

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veneziani che si recavano a Voghera denunciavano lo stato penoso in cui si trovavano la chiesa e il sepolcro del Santo, fu ritenuto ‘lecito’ porre fine a un simile scandalo trafugando le reliquie. La locale Confraternita veneziana aveva come ministro “Tommaso degli Alberti, mercante veneto, continuamente angustiato da questo santo pensiero, e solo parevagli dover morir contento, allor quando gli fosse toccato in sorte di adorare nella sua patria quelle miracolose ossa, e collocarle nel destinato Santuario”.

Ebbene, a un certo punto quest’uomo decise di far trafugare il corpo di san Rocco dalla chiesa di Voghera: se per il diritto penale il furto è un volgare reato, per quello canonico è pure di tipo sacrilego….

L’Alberti rese noto il suo progetto e promise una generosa ricompensa a chi avesse eseguito l’opera: il furto fu attuato nel febbraio del 1485; le reliquie furono trasportate a Venezia e le Autorità (il Doge Marco Barbarico e il Patriarca Maffeo Girardi) eseguite le indagini giudiziarie e canoniche necessarie, permisero l’esposizione del “sacro corpo alla pubblica venerazione”.

Per meglio accogliere le reliquie fu demolita la vecchia Scuola e costruita una più grande che venne consacrata nel 1508: la devozione popolare fu grandemente risvegliata da queste iniziative e il culto del Santo si ampliò per secoli.

Le ossa del braccio si trovano ancora oggi nell’ attuale chiesa di san Rocco a Voghera riedificata nel secolo XVI su quella più antica di sant’Enrico.

IL CULTO POPOLARE

La propagazione del culto di san Rocco fu pressoché immediata e ha assunto nel tempo dimensioni vastissime. Le ragioni di questo clamoroso successo sono ben sintetizzate da Jan-Louis Bru: “Il carisma che Rocco aveva ricevuto per guarire i suoi contemporanei dalla peste, la grazia accordatagli da Dio di essere il santo protettore delle malattie contagiose, i suoi primi testimoni: tutti coloro per i quali ha ottenuto la guarigione, il suo amico e discepolo Gottardo .., la decisione del Concilio di Ferrara che, minacciato da un’epidemia di peste, avrebbe prescritto preghiere pubbliche per domandare l’intercessione del santo…, la pubblicazione della prima Vita di san Rocco, in italiano, tradotta in tedesco a partire dal 1484 seguita dalle altre che conosciamo, il trasferimento delle reliquie del santo a Venezia, le relazioni commerciali di questo porto con tutta l’Europa .., il teatro religioso e le rappresentazioni sacre molto apprezzate nel Medioevo”.

San Rocco

San Rocco

La canonizzazione, anche se non si hanno prove certe, fu proclamata ‘a furor di popolo’, come avveniva nella Chiesa primitiva e comunque Gregorio XIV inserì il nome del santo nel Martirologio romano verso la fine del ‘500, mentre già agli inizi dello stesso secolo il Messale romano comprendeva tra i rituali una specifica Messa di san Rocco.

La rapida e vastissima diffusione del culto di san Rocco è attestata da innumerevoli testimonianze nell’arte, nella cultura, nelle chiese, nelle attività caritative organizzate e nelle pratiche devozionali. “In assenza di una cronologia esatta – afferma Andrè Vauchez (10) – possiamo notare l’esistenza di due focolai di devozione, a partire dai quali la fama dell’illustre guaritore si estese poi all’intera cristianità: la Francia meridionale… e l’Italia settentrionale da Piacenza a Brescia, e anche a Venezia. La devozione si irradiò in tutta la penisola e ancora oggi ci sono ventotto paesi e trenta frazioni che portano il nome del santo, mentre gli sono state dedicate circa tremila fra chiese, cappelle e oratori. A partire dalla fine del Trecento il suo nome compare tra quelli dei quattordici santi ausiliari, come protettore speciale contro la peste. In età moderna, un po’ ovunque in Europa sono sorti dei santuari di pellegrinaggio in cui i fedeli si recano ad implorarlo”. Inizialmente san Rocco fu associato sia nelle pratiche devote che nelle raffigurazioni, ad altri celebri santi venerati per la loro protezione dalle malattie: san Sebastiano (peste), san Cristoforo (epidemie), sant’Adriano (morti improvvise), sant’Antonio Abate (fuoco sacro), san Biagio (gola). Ma tra il XV e il XVI secolo san Rocco fu venerato più di qualsiasi altro santo e il suo nome è stato invocato non solo per le malattie epidemiche umane (colera, tifo, influenza), ma anche degli animali (peste bovina), e dei vegetali (fillossera), quindi per estensione san Rocco è considerato anche il protettore degli animali e dell’agricoltura e ciò ha determinato una sua ulteriore vastissima popolarità nel mondo contadino.

I PRINCIPALI LUOGHI DI CULTO

A Montpellier, le prime testimonianze devozionali risalgono agli inizi del XV secolo. In una cappella domenicana, fondata nel 1228, esisteva un altare dedicato a san Rocco databile al 1421; la prima citazione della festa del 16 agosto è contenuta in un atto del 1440 e la prima Confraternita fu costituita nella chiesa di Notre-Dame des Tables nel 1661.

A Voghera, abbiamo già visto che la prima attestazione di culto locale dovrebbe risalire addirittura a pochi anni dopo la morte di san Rocco. Altre notizie ricordano che nel 1388 i Visconti vollero che proprio a Voghera si tenesse una solenne processione in favore della città di Padova – da poco entrata a far parte del ducato di Milano – colpita dalla peste.

Della Confraternita si hanno le prime notizie proprio in occasione del nuovo impulso dato ai lavori di riedificazione della chiesa, dopo la peste del 1524, intitolandola a san Rocco, e inaugurata nel 1577; ma dai relativi documenti si evince che il sodalizio fosse attivo anche prima di tale data.

A Venezia la Confraternita di san Rocco nacque ufficialmente il 31 agosto 1480 dalla fusione di due nuclei precedenti, la ‘Fratalea’ di san Giuliano e la Scuola dei Frari. La festa liturgica è attestata dalle edizioni veneziane del Messale Romano, datate 1481 e 1483: è sempre stata particolarmente solenne e fu dichiarata giorno festivo dopo la peste del 1576. I responsabili della Confraternita chiamarono per illustrare la vita del santo i maggiori pittori dell’epoca: Tintoretto, Tiziano, Tiepolo, Zuccari e molti altri artisti celebri.

In Italia. Un rigoroso e paziente lavoro di ricerca di Mons. Niero, limitato alle parrocchie dedicate a san Rocco, sulla base dell’Annuario Cattolico d’Italia 1871-1982, calcola che “260 parrocchie posseggono san Rocco titolare; numerosissimi sono gli oratori e cappelle eretti in suo nome, spesso situati alle porte delle città per arrestare il flagello della peste nell’agro.. né si contano i ‘capitelli’ collocati, essi pure, all’incrocio delle strade, soprattutto in campagna.” Tutte le regioni hanno numerosissime parrocchie dedicate al santo (in Emilia Romagna sono 25) tranne la Val d’Aosta, il Molise e la Sardegna. “Da un profilo geografico sorprende l’addensamento delle parrocchie rocchiane nella Valle Padana ma un influsso determinante è stato esercitato dai centri devozionali di Voghera e Venezia”. Fondamentale è stato certamente il ruolo delle arterie commerciali lungo le quali infatti si trovano i maggiori insediamenti di luoghi di devozione: la via Emilia (da Milano a Rimini), la fascia costiera ligure con le diramazioni a sud-est verso la Toscana e a nord-est verso Tortona, le strade verso i paesi nordici, la costa campana e quella abruzzese. Altri luoghi di culto. Il culto di san Rocco si è diffuso in tutt’Europa e anche oltre Oceano, addirittura ad Haiti, nel Madagascar e in Indocina, a riprova di una popolarità che non conosce confini.

San Rocco

San Rocco

ONOMASTICA E TRADIZIONI POPOLARI

La frequenza del nome Rocco tra i battezzati è molto alta al Sud (al quinto posto tra i nomi maschili) specialmente nelle Puglie e nel napoletano. Il culto si esprime in vari modi: si va dalla solennità con cui in molte città si celebra la sua festa fino alla particolare devozione riservata alle reliquie; ma il nome di san Rocco è spesso legato a rievocazioni storiche e folcloristiche oltre che a iniziative di grande rilievo sociale, attività di tipo assistenziale e caritativo, opere benefiche e culturali.

ICONOGRAFIA

Per quanto riguarda le fonti iconografiche il presunto vero ritratto di san Rocco sarebbe stato eseguito dall’amico Gottardo Pallastrelli e si conserva nella chiesa di Sant’Anna a Piacenza. Le raffigurazioni del Santo sono comunque numerosissime e presentano alcuni tratti comuni. Rocco viene sempre rappresentato come un uomo nella piena maturità, generalmente con la barba

e lunghi capelli, con l’abbigliamento tipico del pellegrino. A volte viene raffigurata la croce rossa incisa sul petto ma molto più spesso il bubbone sulla coscia della gamba sinistra. Il famoso cane di san Rocco inizia a comparire tra il Quattrocento e il Cinquecento, generalmente accucciato e con il pane in bocca, più raramente è presente anche un angelo. Quasi certamente l’opera più grandiosa è quella già citata del Tintoretto (1518-1594) i cui dipinti descrivono mirabilmente gli episodi salienti della vita del Santo tramandati dai biografi, dalla tradizione e dalle leggende. Ma anche artisti del valore del Ghirlandaio, del Correggio, del Guercino, di Pieter Paul Rubens, Anton Van Dick e molti altri si sono cimentati nel dipingere episodi relativi alla vita di san Rocco.

GLI ORATORI E LE CONFRATERNITE

“Quando Rocco decise di prendere la veste del pellegrino, l’Europa disponeva, come si è visto, di una capillare rete di ospedali, gestiti da apposite confraternite oppure da religiosi, in alcuni casi da laici; l’assistenza ai malati, ai poveri era dunque l’attuazione degli insegnamenti del Vangelo di una Chiesa (che aveva certamente grossi problemi istituzionali), che sapeva dare risposte ai bisogni concreti della gente, in una ‘catena’ di carità che saldava in un’unica fede tante diverse nazionalità”.

San Rocco

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Le Confraternite a lui intitolate sono assai numerose e le più antiche risalgono agli inizi del Quattrocento. “La necessità di andare incontro, nel modo più completo possibile, ai bisogni comuni spingeva gli interessati a mettersi assieme in associazioni, la cui forza numerica e ogni altra prerogativa erano a vantaggio del singolo che vi apparteneva. La forma più congeniale nei secoli XVI e XVII era appunto la Confraternita che consentiva di soddisfare le esigenze fondamentali della vita umana: spirituali e materiali. Con la propria chiesa e l’oratorio era possibile adempiere in maniera adeguata alle pratiche devozionali e di perfezionarsi nella conoscenza delle Sacre Scritture. Inoltre l’ospizio-ospedale, con la sua funzione sia assistenziale sia medico-chirurgica,

rappresentava senza dubbio una soluzione eccellente: vi si ricoveravano i malati delle varie Università (associazioni) di artieri (artigiani) collegate alla Confraternita. Altre forme di azione caritativa comunque erano rivolte dagli iscritti ai bisognosi di ogni altra categoria ed estrazione sociale”.

La Confraternita di san Rocco a Ripetta

La chiesa di san Rocco al Largo Augusto a Roma “fu costruita sul porto di Ripetta, sul Tevere, nel 1502: da allora è stata il centro mondiale del culto e della devozione al Santo di Montpellier, al punto che ancora oggi ospita il “Comitato Europeo degli Amici di san Rocco” e continua le pratiche del Santo a favore dei più deboli, dei più poveri e degli ammalati nella capitale della cristianità. La chiesa romana è, insieme con la Scuola Grande di Venezia e la Collegiata di san Rocco a Pietramelara in Campania, nel Casertano, uno degli esempi più caratteristici del culto del santo concretizzatosi nella vita di intere comunità con attività assistenziali, artistiche o con forme di devozione estreme.”

Per Statuto, però, potevano essere accolti soltanto gli uomini. Questo fino al primo decennio del Seicento: successivamente il cardinale Antonio Maria Salviati, protettore del sodalizio, ne estese l’accoglienza anche alle “… partorienti bisognose, sia honeste, sia soprattutto nubili,” e in una forma di riservatezza e modernità unica, quasi impensabile per quei tempi.

Benché la carità cittadina provvedesse agli ‘esposti’ o ‘espositi’ cioè i figli di ‘nessuno’, con il brefotrofio di Santo Spirito, non esisteva un’istituzione specifica a favore delle madri: donne incinte e nubili o traviate (prostitute), che finivano col risolvere clandestinamente il loro problema.

“Le madri nubili, per celare la loro gravidanza, potevano essere accolte diverso tempo prima del parto. Non avevano alcun obbligo di dichiarare la propria identità. Entravano in ospedale con il volto coperto, che era loro concesso di mantenere velato per tutta la degenza. Erano ospitate in stanze dette delle ‘celate’ e si provvedeva loro ‘… con grand’amore et assistenza di balie, fascie, pannicelli, infasciatori et altri arnesi della nostra povera ed innocente, debole, bisognosa, stentata e nascente umanità’.

San Rocco

San Rocco

Qualora per la sua condizione la madre non potesse, o anche non desiderasse tenere con sé il neonato, questi veniva inviato alla Pia Casa degli Esposti al Santo Spirito.”  Nella primavera del 1499 la Corporazione (associazione di categoria) degli osti, dei barcaroli e degli scaricatori di barche del porto di Ripetta sul Tevere – oggi non più esistente – si erano rivolti a Papa Alessandro VI per ottenere l’autorizzazione a fondare una loro confraternita. E poiché proprio in quel periodo la peste era stata debellata per intercessione di san Rocco, chiedevano di poter far sorgere con il sodalizio una chiesa e un ospedale sotto l’invocazione del taumaturgo protettore degli appestati.

La bolla pontificia del 1 giugno 1499 sancì l’iniziativa e il 3 aprile 1502 la chiesa fu consacrata. Ancora oggi la Confraternita “promuove iniziative sociali, culturali e di ispirazione cristiana, nel nome di san Rocco, al fine di tutelare la devozione, l’arte e la genuina religiosità popolare sviluppatasi attorno alla figura del santo e di incentivare lo studio di tutti questi aspetti oltre che svolgere attività di promozione e di attività sociale. Fra le altre iniziative la Confraternita ha organizzato una mensa diurna per i poveri di Roma, un servizio docce e vestiario e anche una piccola infermeria, curato il tutto con grande fervore da un gruppo di suore”.

La Scuola Grande di Venezia

“Dopo che nel Concilio generale di Costanza…. fu approvata la venerazione del glorioso san Rocco, e la di lui intercessione riconosciuta efficace presso Dio contro i pericoli del morbo contagioso, molte città dell’Italia con pubbliche dimostrazioni di religioso ossequio procurarono di meritarsi il di lui patrocinio, erigendo altari e istituendo confraternite che promuovessero il di lui culto. Una di queste fu fondata in Venezia nella chiesa parrocchiale di san Giuliano, ove radunatesi alcune divote persone eressero con licentia ottenuta l’anno 1478, dal Consiglio dei Dieci, una Scuola di divozioni sotto il titolo di san Rocco, alla quale potevano essere ascritte persone di qualunque sesso e condizione.”(19) Così scrive alla metà del Settecento Flaminio

Corner in merito alla fondazione della Scuola veneziana. “Le Scuole erano a Venezia importanti centri assistenziali e devozionali ma svolgevano anche un ruolo di aggregazione e di controllo sociale: esse gestivano patrimoni ingenti le cui rendite erano messe a profitto degli affiliati poveri e bisognosi, fornivano case a prezzi accessibili, assistevano malati e moribondi, seppellivano i morti, specie nelle grandi epidemie che frequentemente si abbattevano sulla popolazione. Rigidamente organizzate e ordinate, le Scuole erano interamente gestite dalla classe non patrizia: professionisti, artigiani agiati, burocrati di vario livello, commercianti. La Scuola di san Rocco era ubicata in un primo tempo nei pressi di san Marco, a san Giuliano, e successivamente presso la basilica dei frati minori conventuali, i Frari.”  È del maggio 1564 la decisone di decorare con un vero apparato pittorico stabile la sala delle riunioni della Confraternita. La deliberazione al proposito specificava che l’incarico doveva avvenire mettendo in competizione “tre hover quattro maistri pittori più zelentti (eccellenti) si trova in Venecia”, chiamati a presentare un bozzetto per l’ovale centrale del soffitto con la Gloria di san Rocco. Furono convocati, secondo il Vasari, Veronese, Giuseppe Salviati, Federico Zuccari, e naturalmente Jacopo Tintoretto che ebbe l’incarico e ancora oggi si può ammirare la ‘Bibbia’ del grande artista, una delle più alte sintesi teologiche così come uno dei più ricchi cicli pittorici del Cinquecento e di tutti i tempi.

San Rocco

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Bologna. Oratorio di san Rocco in capo al Pratello

Anche a Bologna, sulla chiesa che chiude via del Pratello, dedicata a Santa Maria, fu edificato un oratorio intitolato a san Rocco la cui Confraternita fu costituita ufficialmente, con licenza vescovile il 6 agosto 1509. “La Compagnia del Pratello si affidò al genio di Ludovico Carracci, alla versatilità dei suoi giovani allievi, all’estro del Guercino e di Angelo Michele Colonna, agli affermati Cavedoni e Massari per onorare degnamente il Santo che aveva fatto dell’umiltà la propria divisa”.

La spesa non fu certo rilevante: i discepoli di Ludovico e tutti gli altri pittori che affrescarono l’oratorio di san Rocco ricevettero la

simbolica ricompensa di due ‘doppie’ mentre il Carracci donò alla Confraternita il celebre pastello inizialmente collocato sopra l’altare maggiore della chiesa terrena ed ora custodito nei depositi della Pinacoteca Nazionale di Bologna. “Il san Rocco del Carracci, grande, vigorosa figura pervasa di spiritualità che traspare dal volto classicamente bello, enfatizzato dai patimenti, coglie con felice intuito, l’essenza della santità che Rocco raggiunse travalicando ogni umana asperità.”

Imola. Oratorio di san Rocco in Valverde.

Alla chiesa di santa Maria di Valverde era unito un ospedale che nel 1448 fu dato in affitto, con rogito notarile, alla Confraternita di Valverde. L’origine ospedaliera e le finalità caritative suggerirono forse la trasformazione della Società di Santa Maria del Soccorso in Confraternita di san Rocco che ottenne nel 1589 l’aggregazione all’omonima Arciconfraternita di Ripetta a Roma. Vennero concesse, nel corso degli anni varie facoltà tra le quali la sepoltura dei morti e l’esposizione del SS. Sacramento.

Gli iscritti alla Confraternita di Valverde si riunivano dietro l’altare maggiore ma essendo aumentati di numero si pensò ad un oratorio che venne edificato sulla navata della chiesa sottostante e nel 1732 fu completato e successivamente decorato con stucchi, dipinti e stalli lignei. Con l’occupazione francese furono soppresse tutte le Compagnie e le Confraternite, ma dopo il primo decennio dell’Ottocento i Vescovi di Imola si impegnarono per ridare vita alle istituzioni sia religiose sia laiche e nel 1855 è documentata la presenza di cinque confraternite, compresa quella di Valverde. Ma nonostante alcune leggi del parlamento italiano della fine dell’800 riconoscessero le Confraternite, queste andarono lentamente estinguendosi. Oggi resta solo quella del SS. Sacramento della Chiesa Nuova dell’Olivo che gestisce ogni anno le Rogazioni in onore della Beata Vergine del Piratello.

EREDITÀ SPIRITUALE DI SAN ROCCO

Sembra paradossale che di un personaggio tanto straordinario si conosca ben poco di storicamente certo. Come mai di questo santo, che occupa un posto così importante nella storia del cristianesimo e che per diversi secoli ha goduto di grande popolarità, non si è quasi sentita la necessità di approfondire, ampliare o rivedere le poche notizie a disposizione?

“È indubbio che la figura di san Rocco si presta a diverse letture, forse troppe, ma proprio la varietà delle angolazioni da cui possiamo interpretare questo Santo, se da un lato ha contribuito a diffonderne il culto, dall’altro lo ha reso, per così dire, stranamente ‘fragile’ di fronte ai tumultuosi cambiamenti avvenuti da fine Ottocento in poi; la sua vicenda rimane qualcosa di inspiegabile, di misterioso, una sorta di parabola dai tratti indefinibili.

Per cominciare, dobbiamo sottolineare come san Rocco, nel contesto storico in cui è inserito, non può che incontrare un largo consenso: i ricchi e i potenti lo considerano ‘uno di loro’, un nobile, un uomo colto e di rango, certamente un personaggio un po’ scomodo (ha rinunciato alle ricchezze!), ma anche una provocazione positiva; la gente umile, oppressa dalla misera e dalla disperazione, lo vede invece soprattutto come un prodigioso guaritore dai mali. In definitiva c’è in san Rocco l’efficace combinazione di un elemento ‘sovversivo’ e di un elemento ‘rassicurante’, che lo rende accessibile e accettabile per tutti gli strati sociali”

San Rocco

San Rocco

C’è poi un ulteriore elemento di fascino, che non è facilmente leggibile per la nostra mentalità. “San Rocco è un pellegrino, è un uomo che, con il suo camminare, richiama se stesso e gli altri all’umiltà della ricerca di Dio. Evitando il rischio di una spiritualità troppo chiusa e individuale, o di un attivismo che non lascia spazio all’interiorità, il pellegrino realizza in modo adeguato un equilibrio forte, ancorchè sofferto, in grado di appagare sia l’anelito al misticismo che l’attitudine alla carità fraterna.”

San Rocco passa nelle strade e nelle città con gli abiti e l’aspetto del pellegrino ed esprime una presenza ‘fisica’ che la gente non può non vedere: è un invito a volgere lo sguardo alle realtà più alte, è una predica silenziosa ma efficace sui veri valori della vita, è il messaggero di un vangelo di speranza, di fede, di possibile cambiamento; accoglierlo, dargli assistenza, ospitarlo, significa accettare la logica di Cristo, farne davvero il modello di riferimento.

Questo spiega il continuo rinnovarsi del culto del Santo, evidentissimo e straordinario proprio nel caso di san Rocco, che è stato via via investito di sempre più ampie prerogative: da guaritore della peste a protettore da tutte le malattie infettive (oggi è invocato in modo particolare contro l’Aids), da santo degli uomini a tutore anche degli animali (e dei vegetali), fino a diventare il più amato intercessore del mondo contadino.

San Rocco

San Rocco