Reportage nella memoria – di Luciano Bonza

Tutti i diritti riservati©Luciano Bonza

L'albero della cuccagna, Morimondo anni 1960

L’albero della cuccagna,Morimondo anni 1960

L'albero della cuccagna,Morimondo anni '60

L’albero della cuccagna,Morimondo anni ’60

L'albero della cuccagna, Morimondo anni '60

L’albero della cuccagna, Morimondo anni ’60

L'albero della cuccagna, Morimondo anni '60

L’albero della cuccagna, Morimondo anni ’60

L'albero della cuccagna, Morimondo anni '60

L’albero della cuccagna, Morimondo anni ’60

Portatori di gerle, L'Aprica, 1960

Portatori di gerle, L’Aprica, 1960

Portatori di gerle, L'Aprica, 1960

Portatori di gerle, L’Aprica, 1960

Portatori di gerle, L'Aprica, 1960

Portatori di gerle, L’Aprica, 1960

Portatori di gerle, L'Aprica, 1960

Portatori di gerle, L’Aprica, 1960

Forse sono nato con la tavolozza in una mano e la macchina fotografica nell’altra perché nei miei ricordi non riesco a scoprirne l’inizio. Posso solo dire che i miei orizzonti si sono allargati a dismisura con l’arrivo della mia inseparabile Canon Ftb. Il meglio della tecnologia di quel momento. La mia attrezzatura ideale era composta da 2 fotocamere reflex (una caricata con pellicola in bn e l’altra con pellicola diapositiva), ottiche intercambiabili mm 28 – 50 e 135 oltre ad uno zoom 70-210, tutte ottiche rigorosamente Canon ed al massimo della loro luminosità. Non ho più desiderato macchine fotografiche sofisticate al top della modernità. Se ciò che possiedo risponde alle mie necessità il resto mi lascia completamente indifferente. Ricordo d’aver sostituito solo il mio primo obiettivo zoom 70/210 mm., era talmente pesante che dopo averlo tenuto al collo per oltre un’ora avevo la netta sensazione che pesasse più di un quintale…. ed era anche necessario verificare se il collo fosse ancora al proprio posto…

Per quanto concerne le pellicole preferivo acquistarle in bobine da diversi metri che poi caricavo a seconda delle necessità. Forse non tutti sanno che le pellicole hanno anche una scadenza e che devono essere conservate in frigorifero. Trovare pellicole scadute, però, era per me motivo di entusiasmo e le acquistavo ogni volta che potevo: senza spendere grandi cifre potevo così allargare il mio mondo fantastico aggiungendo alla creatività anche un pizzico di “imponderabile”. Naturalmente le utilizzavo per fotografie ben precise e programmate.

Nessuna delle fotografie qui riprodotte proviene da scatti digitali ma, bensì, rigorosamente da negativi da me sviluppati e stampati in camera oscura. Per chi non ne avesse mai sentito parlare può essere utile sapere che la “camera oscura” non era un locale in cui mancava la luce o s’era bruciata la lampadina, ma il luogo più fantastico del mondo fotografico, una camera buia… in cui la luce dominava sovrana! L’unico mondo in cui non esistevano confini tra tecnica, magia, favola e poesia.
A puro titolo di curiosità io utilizzavo due ottimi ingranditori Durst con testa a colori.

L’avvento del digitale ha, oggi, sicuramente allargato enormemente il mondo della fotografia spalancando le porte a tutti e rendendo tutto molto più semplice, più facile e meno costoso. Dal telefono all’orologio, tutto può essere buono per scattare una fotografia. Ben venga, io stesso sono stato tra i primi a sperimentarlo, la sua comodità potrebbe anche entusiasmarmi, ma solo chi conosce il mondo analogico, ovvero il mondo della pellicola, può conoscere la tristezza di ciò che stiamo perdendo.

Non ricordo di aver mai chiesto a nessuno di posare, è solo mio il rammarico di non essere stato sempre al posto giusto, al momento giusto, con la pellicola giusta, con l’obiettivo giusto o, anche, con la luce giusta. Mi dispiace perchè quegli istanti sono rimasti impressi solo nella mia mente e nel profondo dei miei sentimenti.

Poterli fotografare è stato per me un vero onore, oltre che un immenso dono, perchè hanno saputo offrirmi l’opportunità di poter far conoscere il valore della loro preziosissima esistenza. Farla conoscere soprattutto ai tempi d’oggi in cui l’egoismo, la superficialità e la puerilità sembrano l’unica ragione d’essere.