Verde que te quiero verde. Intervista a Maurizio Bongiovanni – di Fabio Carnaghi

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Balletti verdi

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Il verde di Garcia Lorca, il life style decadente di Oscar Wilde, la storia e la simbologia di un colore, nella serie di acquerelli omoerotici di Maurizio Bongiovanni diventano iconografie evanescenti, quasi fané nel loro carattere leggero e trasfigurante. Non si distinguono più ritratti o caratterizzazioni, tutto sembra immerso nella traccia del ricordo, sbiadito, cancellato, citato con leggerezza.
Il progetto sviluppato Maurizio Bongiovanni presso la Fundacion Valparaiso in Spagna deriva la sua suggestione dalla figura maschile andalusa per tracciare un percorso fondato sulla citazione storica di cui si afferra una fitta rete di rimandi dal dandismo allo scandalo politico e di costume dei Balletti verdi da cui tutto il progetto prende il titolo. Personaggi letterari, edonisti, esilii dorati dello scandalo, ma anche riverberi efebici da von Gloeden si stingono nella fluttuante dimensione acquea di una dimenticanza inebriata.

Fabio Carnaghi :Nel tuo lavoro emerge un’attenzione specifica per la trasfigurazione e la rappresentazione dell’inconsistente. In che modo questa dimensione si accosta con il medium pittorico?

Maurizio Bongiovanni: Il non finito, l’abbozzo veloce, il tratto astratto accompagna la mia ultima opera, che a differenza di quella precedente, dove vi era una cura minuziosa quasi fotografica della realtà – sebbene poi si sfaldasse in certi punti della rappresentazione- qui è prettamente astratta, tira fuori un “essenziale” che fa presagire un certo stato d’inquietudine: i volti sono cancellati, dichiarando tacitamente la non accettazione dell’individuo, mentre il tratto nero non cela questo malessere di tipo esistenziale, ma lo esalta. La scelta della tecnica utilizzata: i disegni sono stati progettati digitalmente e successivamente stampati su carta d’acquerello, che enfatizza il dolore dei personaggi, come se guardassero alla propria condizione umana attraverso occhi tremolanti e appannati da un triste pianto. La pittura che vi interviene conduce sempre ad uno sgretolamento del dato reale, come se delle vere lacrime giungessero a distendere i contorni, niente di certo rimane più al nostro sguardo passivo, perché abituato all’assimilazione del dolore umano che non suscita più alcuno shock emotivo. Si presentano martiri, lacerati nelle loro carni, come se la propria sparizione li accompagnasse silenziosamente alla fine del loro indicibile male. L’intervento finale d’inchiostro e candeggina traduce la violenza arrecata ai corpi dei giovani uomini. Dove non prende parte in maniera evidente la distruzione, troviamo comunque una sorta di camuffamento: “Il pederasta in vestaglia” (2013, Progetto digitale, dimensioni variabili) ha il volto coperto, alla figura elegante con posa distinta si contrappone il sacrificio di se stesso: il capo è incappucciato/soffocato e prossimo alla morte. Avviciniamo queste figure con approccio voyeuristico violandone disinteressatamente la dignità, essi sembrano colti in momenti privati, solitari ed intimi.

F.C.Nella serie di disegni Balletti verdi ispirata alla figura maschile andalusa, proponi un percorso che evoca citazioni lorchiane e momenti storico culturali. In che senso il colore verde diviene traccia iconografica di questo studio? Quali saranno i suoi sviluppi?

M.B. La scelta del colore verde vuole omaggiare citazioni lorchiane come “uomini dalla sguardo verde” e “Verde que te quiero verde”, versi introspettivi che riconducono alle passioni umane e alla fusione tra dato reale ed onirico. Il verde che nell’opera di Lorca rimane ignoto, ha un doppio significato nella cultura occidentale: quello della degradazione morale, il verde era considerato il colore degli omosessuali (verde era il garofano che Oscar Wilde solitamente portava all’occhiello). Da questo colore ho potuto scoprire anche un fatto storico italiano del 1960 quasi dimenticato che prende il nome di “Balletti Verdi”, di fatto uno scandalo legato al mondo omosessuale, caso di malagiustizia e politicizzato che si rivelò solo un crudele pretesto per mietere vittime indifese. Il verde nei miei disegni vuole essere un tributo, una forma di rispetto per il dolore dell’animo umano, che lo stesso drammaturgo e poeta Lorca riverserà nella propria poetica letteraria. Il “verde” ha d’altronde altra valenza simbolica, nell’iconografia cristiana è rigenerazione totale della coscienza, carità e speranza. “Verde” che nel mio ciclo pittorico verrà sempre più ad impreziosire, nel senso più nobile del termine, sarà luminescente e non più estraneo, rappresenterà lo spiraglio flebile della speranza, quantunque non si discosterà mai dall’inquietudine umana.

F.C. La tua ricerca artistica rimanda a suggestioni ed atmosfere culturali eterogenee. Se fosse possibile instaurare un dialogo tra un tuo progetto artistico e la tradizione culturale con cosa ti piacerebbe confrontarti?

M.B. Scelgo di confrontarmi con l’attualità, con rimandi anche al passato, attraverso la pratica continua del “riutilizzo” di materiali di scarto, per proteggere gli equilibri oramai fragilissimi del nostro pianeta basterebbe che ciascuno di noi acquisisse una condotta eco-sostenibile, anche come impegno d’austerità nella situazione socio-economica dei nostri giorni. Realizzo, e continuerò su questa direzione, mediante oggetti di recupero, la trasformazione a nuova vita dell'”esistente”, in passato con Untitled, in cui riproponevo sculture in pvc,oggi con sculture come “Balletti verdi”, schegge di vetro che un tempo venivano impiegate per realizzare recinti invalicabili, qui assumono le sembianze più innocue e tranquille di una pianta luminosa.

Maurizio Bongiovanni, Balletti verdi (Green Ballets) , 2013, serie di acquarelli con candeggina

http://www.mauriziobongiovanni.com/

© Maurizio Bongiovanni
© Fabio Carnaghi