La settimana epocale – di Mariangela Venezia

Bando di concorso per la creazione di vite perfette indetto dal Dipartimento della cultura e mirato alla felicità globale. A tutti gli abitanti verrà recapitato direttamente a casa il bando, se rispondete avrete l’irripetibile occasione di cambiare la vostra vita mediocre. Guardatevi dentro, guardatevi intorno. Siete vincenti? Siete felici? Siete innamorati? Siete magri? Siete seduti nel salotto che avete sempre desiderato? Se la risposta anche a una sola di queste domande è no, rispondete al bando e partecipate al concorso, potreste vincere la rivoluzione, senza che siate voi a doverla fare. La rivoluzione a domicilio con il concorso del Dipartimento della cultura. Nella vostra cassetta della posta.
Grazie a un team di progettisti, baby sitter, stilisti, cuochi, designer, medici specialisti, sotto l’attenta supervisione del Demiurgo, ogni vita claudicante, ingombra di oggetti, deludente e spettinata si trasformerà in una vita finalmente degna di essere vissuta. Tutto in una sola settimana. La settimana del cambiamento. Il Demiurgo e la sua squadra irromperanno nelle vostre esistenze di seconda mano e le rivoluzioneranno, colorandole, alleggerendole, rendendole vincenti. Il cambiamento vi travolgerà senza che voi dobbiate far nulla, anzi in alcuni casi sarete mandati in vacanza a Disneyland mentre dei veri esperti vi cambieranno al punto che non riuscirete più a riconoscervi. Alla fine della settimana sarete diversi, più saggi, più belli, più giusti. E ne sarete immensamente felici.

Requisiti per partecipare al bando:
– aspirazioni frustrate
– vita sentimentale disastrosa
– difetti fisici più o meno accentuati
– ossessioni e nevrosi che siano d’impedimento alle normali attività quotidiane
– abitazioni diroccate, piccole, maleodoranti
– prole scalmanata e/o maleducata
– attività lavorativa prossima al fallimento
– sogni di matrimoni/torte/feste principesche

 

Giorno 1
L’ESPLOSIONE

Non avrò mai una torta a forma di atollo polinesiano per il mio matrimonio. Non avrò neanche un matrimonio. Qual è la bellezza del matrimonio se non il matrimonio stesso? Che senso ha sposarmi se non ho il vestito dei miei sogni? Il corpetto a cuore, il tulle, lo strascico di sei metri, il velo ricamato a mano dalle donne di un villaggio del Gujarat, la coroncina con i brillanti veri. E le damigelle vestite d’arancio come i fiori del mio bouquet, il menu medievale nel castello medievale con il fossato e i coccodrilli, la macchina d’epoca che mi accompagna in chiesa, i figli di mia cugina vestiti da folletti del bosco che portano le fedi all’altare. Tutto questo costa moltissimo, più di quanto io e Giorgio potremo mai permetterci e poi, anche se trovassimo i soldi, ci vorrebbe troppo tempo per realizzare tutto.

Giorgio, Giorgiooooo, corri vieni, presto, finalmente ci possiamo sposare. Guarda cos’è arrivato per posta, un bando di concorso del Dipartimento della cultura, vieni qui e aiutami a capire se la nostra vita è abbastanza mediocre per meritare l’intervento del Demiurgo, spero proprio di si. Perché se lo fosse potremmo vincere il bando e il Demiurgo e il suo staff ci organizzerebbero un matrimonio da favola in una sola settimana, ti rendi conto, potremo avere la torta a forma di atollo polinesiano!

Giorno 2
IL MARASMA COSMICO

Vestiti, giornali, scarpe, residui di cibo, scatole, libri, lattine, medicinali, stoviglie sporche, bottiglie mezze vuote, biglietti del cinema, volantini pubblicitari, nastri, bottoni, sacchetti della spesa, telecomandi, peli di gatto, candele consumate, fiori secchi.
Benvenuti sul mio pavimento. Non esco più di casa perché non riesco ad aprire la porta. Fuori giacciono da mesi cinquanta cartoni di latte e centotrentadue quotidiani che non posso andare a prendere per impilarli insieme agli altri. Non sono io che ho voluto partecipare al bando del Dipartimento della cultura, per me quest’abbondanza di oggetti è vita, mi aggiro fiero tra tutte queste cose come un latifondista nella sua piantagione di tabacco, non capisco perché il Demiurgo e il suo staff in una settimana devono insegnarmi a sottrarre, sono cosi felice di aggiungere cose e allontanare persone. Quelle si che ingombrano. I miei figli infatti, sono cosi ingombranti che mi hanno iscritto al bando e il Demiurgo e il suo staff hanno deciso che si, la mia vita è spazzatura e che loro in una settimana faranno spazio. Elimineranno. Calandosi dal tetto. Cosi poi potrò, mio malgrado, aprire la porta.

Giorno 3
IL DESERTO EMOTIVO

Andrea e Lisa hanno sei e nove anni. Io e Luca ci siamo trasferiti in campagna per poterli far crescere in una casa grande e circondata dagli alberi.
Poi io ho smesso di lavorare e Luca ha cercato un secondo lavoro. Torna a casa tardi, stanco e arrabbiato con ogni cosa che lo circondi. Sono due anni che non vado dal parrucchiere e almeno tre che non mi compro un vestito, ma solo perché non saprei dove andare con la messa in piega e il vestito nuovo. Andrea e Lisa sono ingestibili. Urlano continuamente, litigano, piangono e non riesco a tenerli fermi neanche mezz’ora. Non mi ascoltano e se li rimprovero ridacchiano complici. Sono esausta e Luca la sera rientra sempre più tardi. Stasera a tavola hanno iniziato a tirarsi i capelli e sputare la pasta l’uno nel piatto dell’altra. Luca ha dato a entrambi un sonoro ceffone. L’anziana signora che da due giorni abita con noi ha scosso la testa e ha scritto qualcosa sul taccuino che si porta sempre dietro. L’ha mandata il Demiurgo, per quel concorso sulla felicità settimanale indetto dal Dipartimento della cultura. Fa parte dello staff, esperta in pedagogia ci hanno detto. Porta una gonna blu sotto il ginocchio e le scarpe col tacco quadrato. E gli occhiali con la catenella. Ci ha spiegato che per i primi tre giorni si limiterà a scrivere quello che vede nella nostra famiglia sbagliata e negli altri quattro rimetterà a posto le cose, educherà i miei figli e farà passare la rabbia di Luca. Tra quattro giorni avrò di nuovo voglia di andare dal parrucchiere, me l’ha promesso lei.

Giorno 4
L’INVOCAZIONE

Come fa a far fortuna un emigrato italiano a New York? Aprendo un ristorante a Manhattan, ovviamente. Io l’ho fatto più di cinquant’anni fa quando la vespa era solo una motoretta da squattrinati e non il mezzo di locomozione più cool. Ho portato la cucina di mia nonna nella grande mela, piatti semplici e genuini cucinati con arte e immaginazione, buon vino e un locale accogliente e vivace – Vincenzo’s. E’ andato tutto a gonfie vele per più di cinquant’anni, mia moglie Teresa che prima mi aiutava in cucina, ha potuto smettere di lavorare, i miei figli sono andati all’Università e lentamente sono riuscito a migliorare i miei piatti adeguandoli ai gusti degli americani. Ma da due anni qualcosa è cambiato, il ristorante ha perso la clientela abituale senza riuscire ad attirarne di nuova, i camerieri storici si sono licenziati e i giovani non conoscono a fondo questo ristorante. In poche parole sono sul lastrico. Sono stato scelto per il bando di concorso del Dipartimento della cultura grazie alla mia vita fallimentare e il Demiurgo mi ha mandato uno chef stellato che mi avrebbe aiutato a rimettere in piedi la mia attività dandomi buoni consigli per rinnovare i piatti e l’atmosfera un po’ fuori moda del ristorante. Ma dopo tre giorni che si aggirava per il mio locale criticando tutto e rimproverandomi di non essere né un bravo cuoco né un bravo manager l’ho cacciato. E’ stato un momento d’ira, gli ho urlato che non aveva il diritto di cambiarmi la vita in una sola settimana, che ognuno costruisce la felicità a modo suo e nei tempi che desidera e che la sua variante radical chic del mio pesto era immangiabile. E lui mi ha risposto che sono solo un testardo e un fallito, si è tolto grembiule e cappello e se n’è andato.
Solo adesso mi rendo conto dell’errore che ho fatto. Grazie al bando del Dipartimento ho vinto il cambiamento, chissà quanti avrebbero voluto trovarsi al mio posto e invece di essere riconoscente ho gettato tutto all’aria. Che ingrato sono stato. Demiurgo, ti prego, mi rivolgo direttamente a te, fai tornare lo chef stellato che rimetterà a nuovo il mio ristorante fatiscente, sarò ubbidiente, non lo insulterò più. Ti prego Demiurgo, abbiamo altri tre giorni di tempo, vieni a cambiarmi la vita.

Giorno 5
L’ABBANDONO DEL PRIMA

Questa camicetta di voile rosa antico è deliziosa. E queste decolté argentate con plateaux? Sublimi. Potrei abbinare una gonna plissettata color ottanio e una clutch impreziosita da coralli. Dopo solo cinque giorni riconosco la differenza tra un abito da pomeriggio e uno da sera. E so che il blush si mette sulle guance e il doppio mascara con fibre sintetiche allunga le ciglia. Per la prima volta le calze colorate, le ballerine, il montgomery e la borsa rettangolare di vernice non mi fanno sentire a mio agio. I due stilisti mandati dal Demiurgo a cambiarmi completamente il look, per nascondere i miei difetti e non essere un pesce fuor d’acqua agli aperitivi stanno facendo davvero un lavoro eccezionale. Eppure prima non era cosi importante. Il plateaux intendo. Prima il look era un’ispirazione, la follia di un attimo, il gioco dell’invenzione. Adesso è la ricerca sistematica e senza errori dell’abbigliamento adatto a ogni occasione, è la corsa al mimetismo, per essere uguali, tanti piccoli camaleonti con la nuance del momento. Perfettamente coordinati. Inizio ad abituarmi, fatico a staccarmi dalla mia personalità, ci sono dei momenti in cui penso a com’era prima, quando il divertimento stava nel farsi notare. Ma poi passa, giorno dopo giorno il camaleonte diventa sempre più multicolore.

Giorno 6
LA SCOPERTA

Stamattina mi sono alzato e ho bevuto un bicchiere d’acqua. Incredibile. E ho mangiato cornflakes integrali e yogurt. Pazzesco. E il beverone ipercalorico al gusto di vaniglia con cui fino a sei giorni fa iniziavo tutte le mie giornate? E i toast con le uova e il bacon fritto con ogni ho fatto sempre colazione in vita mia? Ho un’irrefrenabile voglia di fare una corsetta. Fuori nevica. Correrò sul tapis roulant sgranocchiando una gustosa carota cruda. Sono passati sei giorni e il personal trainer mandato dal Demiurgo ha sconvolto completamente le mie abitudini alimentari. Apro il frigo e trovo solo alimenti verdi, iposodici, integrali, ad alta digeribilità, poveri di grassi, energizzanti, senza zucchero. Adoro la cioccolata di soia. Soprattutto dopo aver fatto quattrocento addominali. Prima, mentre scendevo le scale saltando, per consumare più calorie, la ragazza del secondo piano mi ha sorriso ammiccante. Credo non mi abbia riconosciuto. In effetti, il nuovo me, plasmato dalla creta informe dalle sapienti mani del Demiurgo, è uno che piace alle donne. Mi hanno cambiato la pelle. Non ho dovuto far altro che obbedire.

Giorno 7
IL COMPIMENTO

La limousine ci ha portato da Disneyland alla nostra nuova casa. Quella di prima non esiste più. L’hanno distrutta, cancellata, hanno demolito ogni singolo muro, tramezzo, mattone, piastrella. E in una settimana l’hanno ricostruita. A forma di tempio greco, con un immenso giardino, piscina e campo da golf. E’ una casa di cinquecento metri quadri. Quella di prima di centoventi. In un settimana gli architetti del Demiurgo hanno creato le nostre nuove vite, scegliendo un tema diverso per ognuno di noi. Le nostre esistenze scialbe, usuali, il nostro triste soggiorno con la moquette ci hanno fatto vincere il concorso del Dipartimento della cultura e dieci fra arredatori, muratori, ingegneri e elettricisti hanno deciso di scambiarle con vite migliori, di successo, realizzate. Vite di persone ricche e tecnologiche, che abitano in una casa con l’ascensore interno e tre vasche idromassaggio. La mamma piange, dice che ora che abbiamo un impianto stereo in ogni stanza si rende conto di averlo sempre desiderato. Mi abbraccia forte e mi dice che devo essere felice di come il Demiurgo ci ha cambiato, anche se noi non c’eravamo e non abbiamo scelto niente di questa casa in cui vivremo. Io non ho capito bene perché.

 

Mamma, la settimana è finita, posso riavere la mia stanza com’era?