Trasloco – di Omar Cerchierini

Trasloco

Bangkok

 

Bangkok, 2 gennaio 2555

È aumentata una mia forma di egoismo? Davanti alle notizie e alle preoccupazioni che mi arrivano dall’Italia, c’è come un mia maggiore freddezza? Il senso di impotenza che provavo all’inizio è diventato “tanto cosa posso fare io da qui”?

Tra quindici giorni, saranno sette i miei mesi di permanenza a Bangkok.

5 gennaio

L’idea di poter perdere tutto – poiché a tutto si può rinunciare – non mi terrorizza, anzi mi è spesso di consolazione. Perché ciò che ci resta sempre – dentro il grande dolore del fallimento, della solitudine, nell’angoscia che vediamo trasfigurare i volti degli altri – è la vita nella sua inesauribiltà. Come nei Vangeli: “Perché colui che chiede riceve e colui che cerca trova, e a colui che bussa verrà aperto”, ecco quindi la disponibilità verso la vita, che sempre si rinnova, ci sorprende, spariglia le carte.

Ma non vivo tutto ciò neppure come un dono – che ha, alla fine, un potere ricattatorio, non potendo mai essere ricambiato adeguatamente – ma come un qualcosa che gratuitamente (per grazia) mi attraversa e di cui sono portatore, solo per il breve tratto del mio esistere. Tutto questo è per me non solo consolatorio, ma liberante.

10 gennaio

Ieri sera a cena con gli insegnanti della scuola di N. e alcuni studenti. Buffet giapponese con sushi, sashimi, salmone alla piastra e funghi. Poi a Silom, solo con gli studenti, nella zona gay a bere birra: un italiano, un inglese, un olandese, uno svizzero tedesco, un’australiana seduti al tavolo con i rispettivi thai boyfriend – tranne Cat, il cui ragazzo non c’era.

L’inglese piuttosto antipatico, lo svizzero belloccio, l’olandese very queer. La più simpatica è Cat. Dovrei dire che è un esempio di freakkettonismo in ritardo (con i suoi piercing e le treccine colorate), ma è una bella persona e buona. Antico vizio (mio) di incasellare le persone.

20 gennaio

In Matteo, in più di un passo, il Nazareno dice che nel giorno del giudizio non saranno Sodoma e Gomorra a ricevere il trattamento peggiore, ma le città che avranno riufiutato di ascoltare il messaggio del Cristo, pur avendone avuto l’opportunità. Questo sembra voler dire che il peccato più grande non è, ad esempio, la promiscuità delle due città maledette (cosa che angoscia così tanto il Magistero), ma ignorare la buona novella (così come è annunciata nel discorso della montagna, subito prima di queste parole). E come va interpretato il discorso sugli eunuchi, sempre in Matteo?

La salute (basso continuo di questi mesi, o anni?). Dialogo con il mio medico di Bologna:

“Fuma?”

“Sì.”

“Molto?”

“Sì.”

“Beve caffé?”

“Sì.”

“Molto?”

“Sì.”

“Beve alcolici?”

“Sì.”

“Molto?”

“Dipende dai periodi.” (Mento: c’è sempre il massimo disprezzo per l’ubriacone.)

“Pratica sport?”

“No.”

“Per niente?”

“Assolutamente no!”

23 gennaio

Questo bellissimo notturno – preso dalla raccolta cinese delle 300 poesie Tang – mi ricorda l’arrivo sul Mekong – subito prima dell’alba, ancora nel buio del cielo:

Una notte all’ancora al ponte degli aceri

Cala la luna, gracchia il corvo; il cielo si riempie di brina.

Lanterne di pescatori sul fiume, tra gli alberi: inquieto è il mio sonno.

Dal tempio di Hanshan, fuori Suzhou,

la campana di mezzanotte suona per i passeggeri della barca.

25 gennaio

“E Lei di cosa si occupa?”

“Io? Di espedienti.”

26 gennaio

Il sole, che riesce a tratti a spuntare tra le nuvole di questo cielo immenso, si posa sugli asciugamani stesi ad asciugare in terrazzo. Il vento. Sono così triste.

27 gennaio

Chissà perché mi capita di scaricare I Colloqui di Gozzano e di leggerli, con molto godimento, in questi giorni. La giovinezza, più sognata che vissuta, gli amori immaginari che non si compiono, il paesaggio naturale e domestico in tinte tenui e malinconiche e finalmente – in una tradizione come la nostra che ne è del tutto priva – l’ironia, sovrana e sopraffina, le rime impossibili e divertentissime, le trovate sintomo di un intelligenza così vigile (il minuscolo tuttoattaccato guidogozzano) che riesce a far fuori d’un colpo, con il garbo e il tono dimesso di un maestro di stile (poco più che ventenne), tutte le trombonaggini dannunziane dell’epoca, ma essendo comunque in sintonia con quanto il Novecento più intenso andrà producendo (la malattia, l’inetto, il Soggetto già defunto nel bellissimo “Ed io non voglio più essere io”, il doppio, vivere/scrivere, e la felicità come cosa continuamente differita, si dovrebbe dire vivibile o pensabile solo nella differenza, come nei versi: “Non amo che le rose/che non colsi. Non amo che che cose/che potevano essere e non sono state…”)… E il suo rapporto con l’Oriente?(“Canto/l’esilio e la rinuncia”.)

30 gennaio

Attività:

Film: Echo park e Swingers.

Letture: testi gnostici.

Mostre: le figure femminili nell’esposizione in via Boromarachachonnani.

5 febbraio

“Tu sei come uno che deve salire una scala, ma fa due gradini e poi scende di uno, e poi si sposta da un lato e poi dall’altro… Omar, hai quasi quarant’anni. Qual è la tua meta nella vita?” dice lui. Io sono disteso sul letto, a occhi chiusi. Ti amo ancora? Mi chiedo. Questa città mi sembra orrenda, e mi sento così solo.

“L’anima che vuole salire sul monte della perfezione deve rinunciare a tutte le cose”, dice San Giovanni della Croce e “Signore mio Dio, non ho nessuna idea di dove io stia andando” dice Thamas Merton, morto fulminato da un ventilatore nel caldo torrido di Bangkok.

6 febbraio

Traslochiamo dalla stanza 795 alla stanza 763.