Lascia che gorgogli – di Mariangela Venezia

Anecoico. Il percorso del fuoco inizia dal qualche parte, laggiù, in fondo alle viscere. Come stare in una stanza perfettamente insonorizzata, dove nulla si sente, tranne il corpo. Sente le vene pulsare a una a una, gluck gluck, vede le piccole dune verdi che si formano sulla mano, sulla caviglia, nell’incavo tra l’avambraccio e il gomito. Scandisce ogni singolo battito del cuore, ed è velocissimo, pulsa il collo, le costole, le ascelle. Il viaggio del fuoco inizia non si sa da dove, forse proprio dal cuore, il fuoco viene sparato nel corpo dal ventricolo sinistro, che si carica come un cannone e poi boom. La faccia esplode, non può toccarsi le orecchie perché sono bollenti, la testa pulsa, le gambe tremano. E’ la danza del fuoco, inizia a bruciare, la temperatura sale durante il giorno e la sera tutto avvampa.
Nella stanza insonorizzata, al buio, sente tutto, ogni crepitio, ogni fiammella, riesce a vedere il percorso, lungo e accidentato, della fiamma, nel tubo. Ogni centimetro del tubo aggrovigliato è un rumore distinto, colline bitorzolute di tubo si intravedono sotto la maglietta. Acqua che lava, aria compressa sotto le costole e dietro gli occhi. Intrappolata in troppo corpo si distende, gambe aperte e pancia all’aria. La danza del fuoco prosegue nel naso e pare uscire. Strizza gli occhi, invano. Ha sbagliato strada, le fiamme ritornano indietro, ritornano dentro, bruciano, lavano, illuminano il cervello. Sono i capelli. Il fuoco uscirà dai capelli, a un tratto lei lo sa che non sono le mani, né i piedi, né i pori della pelle, né i peli delle braccia. Il proseguimento del tubo sono i capelli. In fondo a ogni singolo capello c’è una piccola fessura, è un foro minuscolo. Il fuoco uscirà di li. Non sa come, non sa quando, ma a un certo punto avrà i capelli infuocati. E sarà un guaio. Come si fa ad andare in giro coi capelli di fuoco, eppure non ha scelta, deve lasciare libere le fiamme o bruceranno tutta l’aria che ha dentro, la consumeranno dall’interno. E sarà grinzosa, bruciacchiata, senz’acqua né aria. E la bellezza? Che ne sarà della bellezza quando avrà i capelli in fiamme? Non potrà più mettere i cappelli, né andare dal parrucchiere, né farsi le trecce. Ma le manca l’aria, ogni giorno di più. Il respiro si fa sempre più corto finché trattiene il fuoco, finché le fiamme vanno a sbattere contro il tubo senza poter uscire. La mente. Non serve a niente contro il corpo in fiamme. Controlla, trattiene, programma e organizza ogni fiammella, invano. Incontrollabili le cellule, il sangue, l’aria, l’acqua, il cervello, i muscoli.

Non riesce a immaginare cosa accadrà, dopo. Quando i fili elettrici minuscoli e saldamente ancorati alla testa si illumineranno, d’improvviso, di rosso. Tentacoli elettrificati di medusa, riverberi di lampo, psichedelia di ritmi indiavolati oppure un lento sonnacchioso fiume di lava, il crepitio ritmato di un legnetto?

« Lascia che io danzi», il fuoco sussurra saltellandole nel sangue. « Lascia che mi liberi, che esista, che prenda la mia forma, sorprendente e insperata, intorno al tuo corpo. E’ dentro che faccio male, che consumo, è dentro che la mia danza è un mostro sconosciuto che divora le viscere. Affidati all’informe che ti scorre tra le ossa, accoglilo senza il sigillo di una promessa, liberami e liberati di me consegnandomi al tuo corpo, attraverso i tuoi capelli. »

E cosi si fa strada, confluendo prima in un punto, chiamando a raccolta ogni singola fiammella dispersa nelle recondità del corpo. La scintilla impercettibile del cuore, il fuocherello della pancia, il bagliore appena visibile sulle punte delle dita dei piedi. Il falò del sesso, a tratti crepitante sulla spiaggia di peli riccioluti, a tratti pigro, e quasi spento, le ceneri rossastre nella gola, che grattano e arrossano le gengive e il palato.

Raduna tutte le fiamme in un sol punto, alla base della nuca, dietro le scapole. E se qualcuna s’è persa arriverà in un altro momento, insieme a uno starnuto o a una goccia di sudore, nuotando nell’urina o comodamente adagiata sulla lingua, al ritmo della sua piccola danza solitaria.

© Mariangela Venezia