Patagonia/Il suono del silenzio – di Simona Mari

LA LUCE DELLA PATAGONIA

Cieli tersi attraversati da paffute nuvole bianche e strade lineari a tendere verso l’infinito immaginario, tracciato dall’orizzonte: tutto questo risponde al nome di Patagonia Argentina.
Tra questi altopiani il silenzio regna incontrastato. Solo le raffiche di vento, con metodico ritmo e paradossale tempismo, interrompono questa finta quiete.
Scorci di rara bellezza si offrono, generosi, agli occhi di noi piccoli osservatori.
Circumnavigando la baia di Puerto Pyramide nella Peninsula Valdes, siamo catapultati in una colonia di cormorani e, poi, in una di leoni marini – dolcemente adagiati a riposare prima delle grandi migrazioni di aprile.
Il mare ha un colore blu intenso. Emana profondità, a ricordarci le sue gesta antiche e future. Piccole famiglie di pinguini Magellano camminano impettite tra un nido e la spiaggia. Stanno cambiando il manto: tra poco anche loro dovranno tuffarsi nelle fredde acque dell’oceano per raggiungere le coste del caldo Brasile, su al nord.
Di tanto in tanto, scorgiamo qualche guanaco che bruca l’erba gialla della steppa, per scappare via al nostro caotico passaggio. La nostra mini van interrompe quell’armonioso equilibrio chiamato “suono del silenzio”. Non ci sono cellulari in grado di ricevere e di squillare a sproposito. Non ci sono cavi del telefono a inorridire il paesaggio. Non ci sono tangenziali e, nemmeno strade a più corsie. Ogni volta che la van passa solleva un cumulo di polvere, annebbiando il panorama che ci lasciamo alle spalle, nostro malgrado.
Il niente che ci sta circondando, è in realtà il tutto che da sempre andiamo cercando nei nostri sogni e nel più recondito divagare. E che dire quando dal cosiddetto niente, sbuca inconsueta “un’Estancia” al cui interno trova spazio una “mesa” imbandita a festa accanto ad un braciere che sta cuocendo con minuziosa dovizia un “cordero” a fuoco lento?
A quel punto il silenzio è davvero l’unico leit motiv d’uopo. Il cibo e il vino argentini incantano e sollazzano i nostri palati fino a portarli in un clima orgasmico di benessere. Siamo stati, inconsapevolmente, condotti oltre i confini che si possono tracciare nelle mappe, per dare un luogo e un nome a tutto quanto. Forse è per questa ragione che i colonizzatori hanno inventato la “siesta pomeridiana”. Per darsi il tempo di meditare mentre digeriscono le prelibatezze della cucina patagonica.
Il tramonto qui ha più di un solo senso: è significato e significante nello stesso tempo. Chiudo gli occhi e cerco di tornare con la mente agli anni in cui vivevo al Cairo. I tramonti più belli profumavano di tè nero scaldato sulle braci, nei miei ricordi di sempre. Oggi, agli antipodi del mondo, posso dire che un tramonto non ha confini e nemmeno territori. Che la Natura è in grado di abbracciare Continenti diversi, con un grado di calore materno differente, ma non per questo meno intenso.
E mentre lascio correre senza freni i miei pensieri atavici su questa terra pianeggiante, improvvisamente il cielo rosso è diventato bluastro ed è quasi notte. Una coltre luminosa sopra le nostre teste ci indica la strada. Fermiamo il furgoncino e, sfidando un vento fortissimo, alziamo il capo.
Ora capisco, finalmente, perché si chiama Via Lattea, quell’agglomerato luminoso che segna un viale di stelle attraverso la volta.
Qualche costellazione è visibile a occhio nudo, altre le inventiamo di sana pianta, quasi a voler dare un valore aggiunto a quanto la Natura ha già dipinto con il suo pennello d’artista.
Arriviamo al Faro di Punta Delgada ed è nuovamente ora di sedersi attorno ad una “mesa” apparecchiata a festa. Decidiamo di interrompere questo silenzio, improvvisando un simposio musicale: qualcuno imbraccia la chitarra ed io canto. Ci rendiamo conto che è fuori luogo. E’ fuori tono. E’ fuori tempo. E’ fuori ritmo. E’ nel silenzio dell’Universo la sola musica da ascoltare in quel momento. Mentre ci accingiamo a entrare nelle nostre stanze, in lontananza, mi è parso di sentire davvero qualche “Sirena” cantare; ma per gli altri si trattava solo del vento che accarezzava le onde del mare…

PATAGONIA

IL SUONO DELLA LUCE

@Simona Mari