Trattativa e diritto/ la città – di Enrica Alpi

Note giuridiche.

La trattativa è l’atto della parola nel suo pragma, elemento indispensabile di libertà all’interno della polis, in cui ciascuno – direttamente responsabile – rapportandosi con la natura e con gli altri, elabora idee. Inventa. Apre nuove situazioni.

Non si fonda  né sul conflitto, né sulla forza, ma sulla parola. Rimanda all’uomo, alla sua capacità di ragionevolezza e alla sua tensione allo scambio e all’incontro con gli altri. Si colloca al livello di quel che Gian Battista Vico definiva lo  Ius Naturale Gentium.

La trattativa, dunque, che si fonda sul naturale principio di libertà e di equità della parola, e non sulla mera utilià – che non è originaria, ma occasionale e determinata – è essenziale nel suo libero svolgimento per stabilire un rapporto equilibrato tra leggi e costumi, tra ideale e reale.

Per il suo carattere di libertà e di responsabilità diretta del soggetto, la trattativa non è codificabile, non è riconducibile a una procedura, ma nel suo esistere, l’atto della trattativa origina e vivifica il diritto, il quale non può limitarsi a trovare fondamento nella conservazione di interessi, bisogni e utilità in conflitto e già predeterminati. Sarebbe, altrimenti, far coincidere il potere della mediazione con il diritto.

Ma il diritto per poter sussistere, occorre abbia la trattativa come suo esercizio permanente. E la trattativa, evidentemente, non è da confondersi con la mediazione. Non sono sinonimi e nella loro fattività non hanno alcuna similitudine.

Se la trattativa si fonda sull’incontro di parola dei soggetti e sulla responsabilità individuale diretta, la mediazione, invece, si fonda sul conflitto, sulla contraddizione e sulla responsabilità indiretta del singolo mediante il principio di elezione e selezione dell’entità preposta a rappresentanza.

La mediazione, infatti, risulta essere il coordinamento fra opposti interessi sociali operato sull’accordo di diversi enti di potere legittimati a gestire l’irresponsabilità dei singoli sulla base di una delega sociale ricevuta. L’oggetto della mediazione è la risoluzione di un possibile conflitto tra interessi contrapposti, dove la parola è presunta comune e già preordinata a priori.

La delega esprime quindi la misura dell’irresponsabilità del delegante. Ma qualora vi sia una irresponsabilità, risulta necessario formalizzare una disciplina comportamentale a cui l’irresponsabile dovrà attenersi ed obbedire. Nella misura poi, in cui l’irresponsabile trasgredisce il comportamento codificato, allora vi sarà la punizione.

La vita nella polis, però, non può eludere il ragionamento e il ragionamento non può svolgersi in delega. La città va pensata e non può essere autoreferenziale per tutte le concezioni che la riguardano. E’ certamente un apparato razionale, ma non è esaustivo, non può eludere la humanitas, che si ritrova nella trattativa.