Le rotonde del kitsch – di Renato Trusso

PREMESSA

La rotonda è uno svincolo stradale come soluzione del flusso dei veicoli che sostituisce l’incrocio con semaforo o la segnaletica delle precedenze.

I veicoli nello scorrimento del traffico adottano una traiettoria circolare di transito e di visione.

La rotonda nasce come spazio originariamente funzionale alla viabilità che origina uno spazio di risulta non progettato (tipica aiuola incolta oppure fiorita).

Quel che è dato osservare nella pianificazione urbana è la totale assenza del progetto unitario. Se l’impianto fosse progettato fin dall’inizio come elemento funzionale e insieme di arredo urbano, non si verificherebbero questi interventi posticci frutto dell’ideologia del momento.

Opere, queste, che divengono monumenti a tutti gli effetti. Nello specifico qui trattato è una monumentalizzazione ossequiosa del mercatismo contemporaneo, con tanto di certificazione artistica. Quella che sembrerebbe una carnevalata, e quindi, una istallazione pubblicitaria temporanea di minor costo e di altrettanto impatto, diviene, invece, elemento permanente del paesaggio urbano, con pretese di perennità e di dubbio valore artistico.

Non ci sarebbe nulla da eccepire se tali monumenti fossero realizzati in siti privati senza imporsi alla collettività.

A titolo esemplificativo ne commentiamo tre.

 

 

 

Giardino “in carrozza” – Ricetta metropolitana.

 

La mortificazione dell’elemento vegetale, piegato alle forme di una carrozza con tanto di conducente e cavallo, costretto ad arrampicarsi nella scalata della sopravvivenza urbana, soffocato dagli scarichi delle circolanti auto, si annienta in un oggetto tanto innaturale quanto sdolcinato. La “romantica carrozza verde”: un esempio di idiozia dell’utilizzo del verde urbano, che malamente ricalca le sculture verdi dell’arte topiaria antica caratterizzanti i giardini mediterranei, a partire dall’invenzione del giardino all’italiana del Rinascimento.

 

 

 

 

 

Grappolo gigante – Rotonda alticciata.

Un abuso di gigantismo, ciclopico agglomerato di sfere blu e bordeaux, scaraventa sullo sguardo dell’automobilista una inquietante presenza dell’uva.

Monumento alla prospera vinificazione locale è molto probabile che vi sia stata un’ispirazione collettiva al culto di Bacco e alla pantagruelica diva bottiglia di Rableais.

La stranianza del monumento lascia inebriate e perplesse le vittime del palloncino municipale. Insomma, “Il tormento e l’estasi”.

 

 

Monumento ai lavoratori – Finito sotto il camion.

Cortocircuito semantico in cui la rappresentazione del lavoratore-camionista, anziché essere valorizzata nel suo compito rimane subordinata con leggiadra nonchalance.

Il portato diventa il portatore e nello scambio dei significati, più che elogio del camionista, il manufatto appare elogio del “camion trofeo”.

Protagonista è la macchina a cui l’uomo si sottomette. Trionfalmente contento.